INSIDE — La Recensione

La software house danese Playdead è nota ai più per il primo, e unico predecessore di INSIDE, gioco realizzato che risponde al nome di LIMBO. Specifico fin dall’inizio che LIMBO non mi appassionò ai tempi, tanto da abbandonarlo dopo poco, pertanto non sarà una recensione con paragoni e paralleli con il “fratello maggiore”.

INSIDE non ha una storia, non ha una trama, non ha dialoghi, non ha istruzioni e non ha testo. È un puzzle-platform game 2D, dove l’utilizzo delle inquadrature e di un level design magistrale ci fanno abbattere quella sensazione di soffocamento che spesso si ha giocando questo tipo di giochi. Falsa prospettiva al servizio del mezzo videoludico. Per questo lo si considera un 2.5DL’incipit è il ruzzolare di questo bambino ansimante giù per un piccolo burrone. In medias res, nel bel mezzo dell’accaduto, siamo proiettati in mondo distopico dove qualcosa di apparentemente brutto sta succedendo all’umanità, e ci sembra di giocare un ruolo importante all’interno della scacchiera del narrato.

Ciò che afferra e acchiappa in INSIDE sono le ambientazioni, lugubri, disegnate benissimo, dai colori grezzi e dai toni gravi. C’è qualcosa di greve e cupo a regnare sovrano, la pioggia battente, la soffocante e opprimente presenza di giochi di chiari scuri con i quali dovremo imparare a convivere per non essere scoperti e brutalmente eliminati.La morte in INSIDE è cinica e spietata. Un passo falso e la durezza di cani affamati, di sistemi di controllo pronti a spararci una carica di elettroshock, uomini crudeli con una rivoltella sempre sul punto di far fuoco, creature uscite fuori dagli incubi contorti degli sviluppatori.Si, descritto così sembra quasi più un horror che un platform. Ma questo è. INSIDE si riempie di piccole quest e logiche da risolvere senza un attimo di tranquillità, il procedere pertanto è dettato da quanto saremo abili ad evitare di morire.Non è un gioco semplice, ma non difficile. Richiede una buona dose di pensiero laterale, calma e santa pazienza. Perderla sarà normale, prendersi una pausa pure. Camminate, ripensate all’ambientazione circostante e quando troverete il giusto pattern per procedere direte a voi stessi: Come ho fatto a non pensarci prima!E non badate troppo al fatto di morire molteplici volte, ritentate e riprovate in santa pace. I sistemi di salvataggio sono qualcosa di magnificamente progettato. Qualcosa che ogni gioco oggigiorno dovrebbe avere, ovvero salvare costantemente in automatico il gioco in tutti i suoi progressi, facendoci riprendere esattamente dal secondo prima in cui siamo morti, ma cosa ancora più importante poter far accedere ad una timeline per poter giocare qualsiasi punto del gioco sbloccato in precedenza. Divino!

Un gioco della durata di non più di 2 ore, senza un dialogo e una trama, necessita di caratterizzazioni importanti. Le animazioni, la gestione ambientale, l’armonia e il caos sempre in costante antitesi, la fisica responsive nel controllare il nostro personaggio e la sua interazione con quanto lo circonda, rendono INSIDE uno dei giochi più emozionanti e impressionanti a cui abbia mai giocato. Playdead ci ha impiegato 6 anni a completare questo capolavoro di tecnica e sapiente utilizzo espressivo e interattivo del mezzo. E si vede. Il gioco non presenta mai un punto di bug, di glitch, di carenze di frame. Niente. Eccelle in tutto e lo fa con dovizia.Il punto di domanda rimane il messaggio finale, la trama e lo scopo del gioco. Sembra non esserci, nemmeno una volta raggiunta l’impressionante finale non-sense, ma vi ritroverete pad in mano con la bocca spalancata a provare a dare un significato a ciò che è appena accaduto.La ricerca di senso è concetto filosoficamente alto, qualcosa che ancora in troppo pochi hanno il coraggio di ammettere possa appartenere anche ai videogiochi.

INSIDE è qui per far ricredere tutti.

Spritz St Germain

Ai primi caldi Milano cambia pelle. Ai primi caldi ci si ritrova in qualsiasi locale in grado di offrire cocktail decenti ed un buffet sufficientemente accettabile per evitare di passare la serata senza morire di fame e/o a caccia di un kebabbaro aperto.Il must è essere all’aperto.Personalmente non sono tipo da cocktail, preferisco una buona birra bianca artigianale (a proposito consiglio la SU DE DOSS de Il Birrificio di Lambrate anche se è quasi impossibile trovarla), ma in mancanza di quest’ultima è inevitabile discendere nell’inferno delle interminabili liste dei menu dei bar.

A questo si aggiunge il doveroso calcolo della variante di serata, se si guida, se non si guida, in quanto tempo si riesce a smaltire il contenuto liquido ingerito e tante altre belle paturnie per evitare di svenire per coma etilico dopo due bicchieri, oppure di berne 20 prima di sentire qualche giramento di testa.Ad ogni modo, da come si evince l’indecisione è grande in me e spesso mi ritrovo a dire “Due!” subito dopo qualche amico che sapeva già cosa prendere ancora prima di organizzare la serata.Un paio di settimane seduto allo UGO di via Corsico mi sono ritrovato a fare lo stesso (provate a dare un’occhiata alla lista e ditemi se non sareste stati in difficoltà anche voi..), scopro così l’esistenza di una variante molto interessante allo spritz (occhio che quello originale veneto non ha l’aperol, c’è tutta una storia dietro), lo Spritz St Germain (benché soltanto ieri sera ho scoperto realmente il suo nome cercando di farmi capire in un altro bar😁).Ho cercato online la ricetta e cosa contenesse, ognuno ha la sua versione, ma quella che probabilmente si avvicina di più a quella assaggiata è la seguente:5/10 prosecco2/10 di St Germain — Che è un liquore francese ai fiori di sanbuco con una storia molto artigianale alle spalle.3/10 di seltz o sodaGhiaccioC’è chi inserisce anche lime o foglie di menta, ma preferisco di gran lunga questa alternativa “liscia”. Il risultato è più o meno il seguente, ovviamente con gli ingredienti sopra elencati.[embed]https://youtu.be/cqu4XCZ7a1E\[/embed\]Bon, per me è il cocktail pre-cena preferito del momento. È leggero al punto giusto, dolciastro all’inizio, ma secco una volta andato giù. Sufficientemente leggero per proseguire con cose più toste e corpose, ma sempre un ottimo inizio.Finalmente saprò anche io cosa ordinare la prossima volta, ma soprattutto non finirò col solito, violentissimo, invisibile alla fragola.

Quantum Break — La Recensione

Il tempo si è rotto.Il tempo si è rotto e sta per finire.Il tempo si è rotto e sta per finire. Solo Jack Joyce può sistemare le cose.Jack Joyce, appunto, il protagonista di Quantum Break resta suo malgrado invischiato in una storia non troppo trasparente che ha a che fare con suo fratello William, lo scienziato di casa.William rimasto all’università di Riverport, la loro città natale, per concentrare i suoi studi sulla manipolazione del tempo inizia a collaborare con l’amico comune del fratello, Paul Serene CEO della Monarch Solutions, un’azienda specializzata proprio in ricerche scientifiche riguardanti lo spazio/tempo. Ma una scoperta troppo sensazionale è stata fatta dai due, talmente potente da far cedere Jack alle insistenti email di Paul per farlo tornare a Riverport a vedere con i suoi occhi.La storia ha inizio, il punto 0. All’arrivo presso l’università Jack non crede ai propri occhi, una vera e propria macchina del tempo, suo fratello William aveva probabilmente appena fatto la scoperta del secolo. Tuttavia qualcosa non quadra, Paul e William stanno litigando, volano parole grosse e da qui Jack deve prendere il controllo della situazione, o meglio entriamo in gioco noi, perché sa che da lui dipenderà il futuro dell’intero universo.Accade infatti l’impensabile, un incidente al laboratorio causa un danno che ai più sembra irrisolvibile, il tempo si rompe, si frattura e avanza inesorabile verso la sua fine. Questo incidente però garantisce a Jack e Paul il potere di controllarne alcuni aspetti, facendosi largo tra le pieghe dello spazio possono trarre vantaggio nelle situazioni più complicate, ripararsi da proiettili, oppure avanzare quando tutto intorno a loro sembra un fermo immagine.La narrazione di Sam Lake, direttore creativo di Remedy Games, scorre placida e senza intoppi in questa prima fase, anzi ha la magia di catturarci verso lo schermo, approcciare i primi scontri a fuoco attraverso tutorial in grado di farci stare comodi nei panni di Jack Joyce, imparando poco a poco non solo a fare nostra un’arte di combattimento classica, ma anche a diventare maestri nel maneggiare i poteri acquisiti e potenziabili durante tutti i 5 atti del gioco.L’ombra di Max Payne è viva e vivida. Così come quella di Alan Wake. I due giochi creati proprio da Remedy Entertainment hanno continue “cross-reference” durante tutto il proseguimento del gioco, non solo per i bullet time tanto cari a Max, ma vi è tutto un repertorio di riferimenti verso Alan che questo video vi aiuterà a scoprire meglio:[embed]https://youtu.be/ZD6tw41ZHN0\[/embed\]Già realizzare un gameplay dove lo spazio in cui interagiamo diventa quasi metafisico, si spoglia della sua materialità (e vediamo poligoni volare a destra e a manca causando lo spostamento fisico degli oggetti e delle persone), è un’impresa ardua, molto ardua.Eppure a Remedy sembra riuscire benissimo, sebbene le ambientazioni non siano del tutto interattive, al di là dello spostamento di qualche sedia o cassa di legno, nel momento in cui ci troviamo all’interno di una stasi, ovvero quando il tempo si blocca senza danneggiare il nostro avanzamento, tutto appare alterato, incontrollato e caratterizzato da un effetto fast-back-forward che solo dopo un po’ si riesce a comprendere sino in fondo. Inoltre email, registrazioni video e audio, così come documenti ufficiali, sono importantissimi frammenti narrativi disponibili nelle ambientazioni. Tutto materiale, davvero molto molto curato, con cui si può interagire e che darà a chi ne avrà voglia, possibilità di approfondire la storia in tutti i suoi aspetti.Non solo, Quantum Break spezza la tradizione dei videogiochicon una time-line lineare non solo perché poggia la sua narrazione proprio su un’avventura riguardante il Tempo, ma lo fa perché riesce a spezzare i momenti giocati inserendo una serie TV all’interno del gioco.Al termine di ogni atto c’è -infatti- un episodio della durata di una ventina di minuti in grado di arricchire lo storytelling, ed è forse per questo motivo che tutti i principali protagonisti sono attori di prima fascia già visti in importanti produzioni cinematografiche o televisive: Jack Joyce aka Shawn Ashmore- Uomo Ghiaccio in X-Men — William Joyce aka Dominic Monaghan- Merry ne Il Signore degli Anelli o Charlie in Lost — Paul Serene aka Aidan Gillen- conosciuto come Dito Corto ne il Trono di Spade -.Parlando strettamente del gioco, possiamo catalogarlo immediatamente sotto l’etichetta degli sparatutto in terza persona. Telecamera e controlli rispondono molto bene all’appello, un po’ meno le ambientazioni alle quali dobbiamo fare affidamento per raggiungere i ripari.Dimenticate, suggerimento personale, di avere un riparo dietro il quale nascondervi o mettervi al sicuro per un tempo prolungato, l’AI della CPU è programmata in modo da stanarvi ovunque, e risulta quindi essere più vincente lo sfruttare i poteri a disposizione del personaggio:

  • bolle temporali protettive per respingere i proiettili,
  • uno spostamento molto rapido, chiamato schivata temporale, in grado di piegare lo spazio-tempo e colpire i nemici alle spalle, attivando un bullet-time simile a quello già visto in Max Payne,
  • una bolla energetica in grado di congelare i nemici nel momento in cui ci stanno sparando.

Tutte abilità potenziabili allo scorrere dei 5 atti. Ma non saranno l’unica cosa “ modificabile”, per così dire.L’alta rigiocabilità del titolo sta nel modificare anche decisioni chiave all’interno della trama, ci viene chiesto più volte di decidere di imboccare un sentiero narrativo rispetto a un altro. Tale decisione si ripercuote inevitabilmente sulle conseguenze delle quali saremo protagonisti.[embed]https://youtu.be/FxouQDOyz10\[/embed\]Per non rovinare troppo l’intrigante e fitta trama in grado di condurvi senza fiato verso la fine del gioco, ciò che possiamo dirvi è che la Monarch, l’azienda di Paul Serene, ha compreso molto bene l’assioma “il Tempo è potere” e poterlo controllare può farla diventare un’importante risorsa per cambiare il destino dell’umanità.Paul questo lo sa, ha compreso però un’altra importantissima lezione fin da subito, cosa che invece Jack stenta ancora a fare sua, ovvero ciò che è già accaduto non può essere modificato, qualsiasi sforzo si faccia per tornare indietro nel tempo le tracce del destino sono comunque segnate in qualche modo. I due saranno legati a doppio filo fino alla fine, alla costante ricerca di una soluzione per porre rimedio a quanto accaduto all’università, ognuno con il suo modo di voler risolvere la faccenda.Quantum Break è un esperimento. Va in due direzioni precise, quella di voler smontare il videogioco così come oggi lo conosciamo e provare a contaminarlo con altre forme di narrazioneper aumentarne l’interattività nonché l’interesse, l’altra è voler provare a trasformare a livello stilistico gli spara-tutto. Se nel primo caso l’operazione pare essere ampiamente riuscita con una strada tracciata verso la crasi con le serie televisive, nel secondo il tentativo non sembra essere andato completamente a buon fine. Imbracciare un’arma da fuoco in Quantum Break non fa certo rimpiangere vecchi third-person shooter, le dinamiche non sono sembrate innovative e aggiungere un set di super poteri non ha apportato quell’avanzamento forse sperato e ricercato.Tuttavia, Quantum Break resta al momento un titolo da fissare con la puntina sulla lavagna dei giochi di questa generazioneda non perdere per nessun motivo, perché qui c’è la voglia di far vedere al mondo qualcosa di nuovo e mai visto, un esperimento riuscito, e questo non è certo il nostro pesce d’aprile;-)

Al mattino, sii te stesso

Uno dei motivi principali per il quale non mi sta molto simpatico Medium è che se provassi a stimare una percentuale di articoli ove la produttività legata all’alzarsi prestissimo al mattino la fa da protagonista, penso arriverei ad un buon 50% di tutti i titoli che in questi due anni ho “scrollato” quotidianamente.Si, avete capito quali articoli. Quelli dove si dice che le persone di grande successo tendono ad alzarsi tra le 4.30 e le 6.00 al massimo, appena aprono gli occhi sono già in strada a fare 20km di corsa, riescono a non ingrassare mai e sono sempre felici perché salutano ogni santa mattina il sole che nasce.Solitamente la seconda parte del post è il racconto del protagonista intrepido copione in cui si dilunga nel suo stupore per non averlo fatto prima e di come la sua vita sia improvvisamente cambiata e sia diventata più produttiva.E ci credo, con 4 ore in più al giorno son bravi tutti, ma poi? Nessuno ti dice quanto fosse rincoglionito quel lunedì mattina dopo un weekend a bere e andare in giro per locali. Nessuno che menziona figli urlanti protagonisti della veglia durata tutta la notte precedente. Nessuno in grado di menzionare influenze, gastroenteriti. Nessuno con un benché minimo sbalzo d’umore e agitazione in grado di privare le costanti, continuative 8 ore di sonno.Per lo più significa che alle 20.00 si è già nel letto. Nemmeno il tempo per il TG della sera.Ho sempre terminato la lettura di questi articoli con un misto di invidia spropositata e un innato senso di compassione del tipo: ma chi te lo fa fare?Ora, siccome necessito di testare da me certe esperienze mi sono ripromesso di provare a creare una routine di questo tipo, almeno fare un tentativo.Questa promessa fa rima con procrastinare. Semplicemente la mia mente si rifiuta di voler violentare il corpo per il restante tempo della giornata. Proprio su Medium ho trovato questo post di una persona normale, con una mattina normale e una vita normale:

You don’t have to try and hack your life with all the bullshit advice out there. You don’t have to get up at 5 AM, drink a warm glass of water and read Chicken Soup For The Online Blogger Slash Startup Founder Slash Future Motivational Speaker. I know we’re told that literally every successful person in the world does that, but tough shit.

My point is, you have to wake up and face your day in whatever way works best for you. For me, it’s trying to make positive choices about what I do every day, and fighting a battle against my worst nature. And losing that battle a couple days every week. It’s probably going to be something similar for you.

Perché in fin dei conti siamo umani e probabilmente ascoltare il nostro corpo è la cosa più importante di tutte. Negli anni sto imparando a farlo, perché è la nostra natura e se hai bisogno di dormire, dormi e al diavolo le sveglie alle 5.

But here’s the truth. I’m a total fucking mess. A hot mess. I run my life and my business and my writing career and my speaking engagements with a sense of organized chaos. Do you know why?

Because I’m a human. And humans are disorganized, chaotic, emotionally up and down, totally inconsistent and gloriously weird. We are. Even when we try to impose a sense of order, and we look like hyper-scheduled automatons, we’re still flying by the seat of our pants.

When all of life is completely unpredictable, it’d be fucking impossible to do anything else.

Hitman (PS4)

Credo di aver stressato la redazione per differenti mesi di seguito, da quando per la prima volta Hitman fu annunciato, per averlo tutto per me. Una recensione morbosa, così come l’attesa.Ammetto di aver storto un po’ il naso quando Square Enix decise di non voler più pubblicare il gioco per intero, ma piuttosto rilasciare degli episodi mensili, quasi si trattasse di una serie televisiva. Ma più il tempo passava, più mi rendevo conto che la scelta non era da considerarsi così malvagia.Hitman è uno di quei franchise videoludici ad aver subìto forse il più alto tasso di trasposizioni cinematografiche, del resto il protagonista -l’Agente 47- ha sempre scimmiottato i ben più noti 007 britannici, con il suo perfetto smoking e le intenzioni da sicario affidabile, preciso e silenzioso. Nonostante si possa dubitare della qualità delle pellicole, il plot di Hitman ha sempre retto l’urto ed è sempre stato in grado di fornire filoni di ispirazione anche a distanza di oltre 16 anni dalla primissima uscita su PC datata 2000, cifra tonda.Con il rampante successo delle serie televisive, non è poi una bestialità provare a proporre una pubblicazione scaglionata (molto simile a The Walking Dead di Telltale Games, ndr) in grado di allungare la vita del titolo e allo stesso tempo mantenere viva l’attenzione sul prodotto principale.

Tutorial eParigi

La storia sembra partire dagli albori, ovvero dal primissimo reclutamento dell’agente 47 in uno stato di momentanea amnesia. Non si capisce molto bene se stia cercando di recuperare le sue abilità di un passato recentemente cancellato, o se semplicemente siamo davvero alle prime armi. Ad ogni modo, ci ritroviamo affidati all’aiutante Diana Burnwood, colei che ha intravisto il noi il gene dell’assassino e nostra prima sostenitrice all’interno dell’International Contract Agency, o ICA, l’organizzazione di cui tutti gli “agenti” fanno parte.Questo primissimo rilascio da parte di Square Enix ha un costo di 15 euro e ci permette di affrontare sostanzialmente tre missioni. Le prime due (di tutorial) sono propedeutiche e servono al nostro addestramento, ci avvicinano al mondo sandbox di Hitman spiegandoci nel dettaglio ciò che possiamo fare: tutto.Il vero punto di svolta di questo titolo, benché sia soltanto agli albori e verrà determinato da tutti i rilasci da qui al 2017, sta nel permetterci di affrontare ogni livello con un’ampia scelta di opzioni, pur di portare a termine la missione affidataci. L’obiettivo ultimo resta sempre lo stesso, ovvero quello di eliminare il bersaglio assegnato, ma ci viene data totale carta bianca sul modo di affrontarlo, quel compito.Ci troviamo così proiettati dentro una festa privata su uno yacht in procinto di essere inaugurato, dobbiamo togliere di mezzo il magnate di turno, e qui entrano in gioco il ventaglio di possibilità all’interno del quale possiamo muoverci. Travestirci da poliziotto, fingerci membri della sicurezza personale, personale del bar o dello yacht stesso, così come la dotazione armi e oggetti utili a farci prendere una strada più stealth piuttosto che quella più splatter, in base al nostro gusto personale.Ed è per questo che consiglio caldamente di non scoraggiarsi se non si riesce a completare il livello fin da subito, il bello è proprio questo, prendersi il giusto tempo per gustare ed apprendere le meccaniche attraverso le quali l’agente 47 potrà raggiungere la sua vittima, è questo ciò che fa di Hitman un videogioco con un altissimo tasso di rigiocabilità. L’improvvisazione è d’obbligo.Nel secondo livello del tutorial ci troveremo all’interno di un hangar russo, stesso obiettivo finale richiesto, ma interazioni differenti e totalmente nuove. L’interfaccia grafica di default abilita moltissimi suggerimenti in grado di indicarci la molteplicità di azioni da poter intraprendere e alle quali poter fare riferimento per terminare il bersaglio.Di rado vi troverete, dopo che lo avrete provato a fare per puro divertimento, ad affrontare i vostri nemici con fucile a pompa spianato. Troppi sono i nemici e il tasso di fallimento della missione, che diventerà così elevatissimo. Si imparerà piuttosto a fare delle ambientazionicome casse, armadi, toilette, frigoriferi etc. le nostre migliori amiche, per nasconderci dagli stati di allerta, permettendoci inoltre di non perdere mai di vista la mappa, che ci indicherà da chi star lontano perché troppo sospettoso.Da questo punto di vista mi è sembrato di vedere un blando tentativo di mescolare alcune caratteristiche di base di Metal Gear Solid e Splinter Cell, ovviamente con una caratura molto meno frustrante rispetto ai primi due.Il livello vero e proprio, punto focale di questo primo episodio, ci catapulta a Parigi, all’interno di una “ mansion” di una leader della moda in occasione di una sfilata molto importante, con fastoso party a latere. Il fine ultimo è quello di uccidere i due coniugi proprietari della casa di moda, azienda di facciata per coprire affari ben più loschi e sporchi.Impressiona fin da subito come il motore grafico sia in grado di gestire una moltitudine di persone tutte insieme, ognuna animata differentemente e con la gran parte dotate di dialoghi ad hoc. Anche qui come nelle due missioni tutorial è possibile travestirsi da modello della sfilata o da addetto alla sicurezza, sfruttando ancora una volta le tante situazioni grazie alle quali potremo raggiungere il risultato desiderato, senza necessariamente dover tirar fuori un’arma. Un esempio? Avete provato a piazzare una carica esplosiva all’interno della videocamera che intervisterà uno dei due magnati? No, beh, potreste sempre decidere di far cadere un’impalcatura sulla testa, il risultato è assicurato.Ricominciare da capo e giocare più volte il livello non diventa così frustrante, anzi si trasforma in una ricerca dell’alternativa più interessante per eliminare il target finale.Oltre alla missione principale però, la mappa si popolerà di alcuni cosiddetti “ Contratti”, missioni secondarie che ci forniranno nuove vittime, missioni diverse rispetto a quella primaria certo, all’interno di una situazione costruita ad hoc e con un’arma ben specifica. Difficoltà ulteriore è rappresentata dal dover nascondere la salma entro un tempo limite, cercando di fuggire più in fretta possibile per far perdere le nostre tracce. Ancora più interessanti i “ Contratti” personalizzati dove saremo noi a decidere chi sarà la nostra prossima, probabilmente innocente, vittima.Quest’insolita modalità di pubblicazione limita l’esperienza a sole 3 ore nel caso si volesse affrontare il gioco come qualsiasi altro, tuttavia come ribadito più volte Hitman è un titolo da giocare e rigiocare più volte, perché sebbene l’obiettivo finale rimanga invariato, il modo per riuscire a raggiungerlo cambia ogni volta grazie all’interazione con l’ambiente e con gli oggetti, ma soprattutto grazie alla nostra fantasia.Ho notato qualche calo di frame-rate in fase di corsa nelle stanze maggiormente affollate, così come qualche animazione un po’ troppo ruvida (secondo me) e personaggi molto simili tra di loro. Positive invece le impressioni riguardo le ambientazioni e il motore grafico, in grado di svolgere un lavoro egregio sia sui giochi di luce che la gestione contemporanea dei molti elementi presenti sullo schermo.Nonostante una trama pressoché assente, mi chiedo se ce ne sia davvero bisogno, Hitman resta una valida alternativa a tutto quello che c’è oggi in commercio, soddisfacendo il vuoto di “stealth” lasciato da Metal Gear Solid, e aggiungendo un pizzico di temerarietà in grado di accontentare i fan più incalliti di James Bond.Considerato il prezzo, merita decisamente un’occhiata più approfondita. Restiamo in attesa dei prossimi capitoli.

Ventisedici

Ci risiamo. Era ieri che dicevamo è ferragosto, oggi è già finito il 2015. Come da tradizione il riassuntone di fine anno non poteva mancare! (Qui 2014, 2013,).Come già detto un paio di settimane fa non è stato un anno da fuochi d’artificio, ma come Pozzetto ne il ragazzo di campagna: Ho interessanti prospettive per il futuro!Torniamo ai post più importanti dell’anno:

Immancabile la top 3 degli album dell’anno:Subito sotto non posso non menzionare un ennesimo debutto Mister Asylum degli Highly Suspect.Menzioni particolari per le categorie rapcore e hip-hop:

Ad ogni modo è stato un’anno bello ricco in fatto di musica, impossibile da riassumere in poche righe. Last.fm continua a fare il suo dovere da 10 anni, quindi se volete spulciare la mia storia musicale di quest’anno ecco il link qui.Mi piace chiudere l’anno e muovere i primi passi verso il nuovo con questo paragrafo dal blog di Bob Lefsetz. The Lefsetz Letter è uno dei nuovi blog scoperti quest’anno, parla di musica, è molto attento ai nuovi trend soprattutto quello streaming che mi sta tanto a cuore. Questo sarebbe un post dedicato interamente agli artisti desiderosi di lasciare il segno, ma ne prendo comunque in prestito l’incipit e cerco di farlo mio:

Try to be great. In a world of overwhelming incompetence, where everybody’s vying for attention, we seek and glom on to great, and tell everybody we know about it. Unfortunately, because of the plethora of information great does not ascend to the top of the totem pole instantly anymore, but it’s the first step in the ladder to success. Forget the penumbra, the social media, the marketing, they’re subservient to the underlying product/endeavor. Everything great sells itself. Sure, ultimately a push helps. But it’s amazing how you can gain traction with great and great only. Great is hard to achieve. You know it when you get there. Your whole body tingles, you smile, you’re self-satisfied, you don’t even care if anybody else sees/hears what you’ve created, but you know when they do they’re going to have a reaction. Don’t play it safe, play for a reaction.

Siate grandi. Buon inizio!

Felicità e blog. Riflessioni sospese

C’è che un altro anno sta finendo e si accende di piccole speranze inattese per situazioni a lungo cercate senza bene sapere se fossero quelle che realmente volessi.

Nonostante ciò, accadono continuano ad accadere e sempre accadranno. È passato in sordina quieto e veloce con rari picchi di pura gioia o di giornate da registrare nell’album dei ricordi.
Anzi, sono state più le piccole sconfitte personali. Niente di serio, ovviamente, se paragonate ai reali problemi di questo pianeta (riconducibili in ampia misura all’essere umano), ma è inevitabile notare come ci troviamo a misurare — o perlomeno è così che funziona per me e credo per tanti altri — il nostro grado di soddisfazione personale in base al conseguimento o meno di determinate aspettative od obiettivi che il più delle volte sfuggono al nostro controllo.

Indi per cui immagino che la ricerca del benessere, inteso come il sentirsi in pace con se stessi e il mondo, implichi orchestrare la nostra vita (se siete programmatori) o giornata (se siete fatalisti come il sottoscritto) per disporre ciò che possiamo influenzare a “guardare” positivamente verso la nostra parte.
Di conseguenza, imparare ad accettare quelle piccole sconfitte personali sopra citate come una serie di accadimenti, avvenuti per qualsivoglia ragione, come qualcosa di cui non abbiamo colpa è stata la ricetta migliore per affrontare questi 365 giorni che si stanno per chiudere.

Nessuno sa dire come essere felici, lo sapete solo voi ed è in generale una cosa troppo soggettiva per meritare una definizione universale, non c’è qualcosa che vada meglio di un’alta. Dal canto mio ho imparato ad organizzare il mio tempo, talvolta in modo anche egoistico, per fare dare e ricevere per poter provare ad avvicinarmi quanto più possibile ad essa.

Benché non sia tra le mie più stimate professionalmente, il post di un’attrice mi è passato davanti nelle settimane passate ed è stato condiviso da una moltitudine di persone più probabilmente perché faceva figo scimmiottare concetti tanto speciali così come si fa ogni giorno con tantissimo contenuto spazzatura. Per poi scoprire non essere suo, ma ad ogni modo sono le parole in esso contenute ad essere importanti:

“I no longer have patience for certain things, not because I’ve become arrogant, but simply because I reached a point in my life where I do not want to waste more time with what displeases me or hurts me. I have no patience for cynicism, excessive criticism and demands of any nature. I lost the will to please those who do not like me, to love those who do not love me and to smile at those who do not want to smile at me. I no longer spend a single minute on those who lie or want to manipulate. I decided not to coexist anymore with pretense, hypocrisy, dishonesty and cheap praise. I do not tolerate selective erudition nor academic arrogance. I do not adjust either to popular gossiping. I hate conflict and comparisons. I believe in a world of opposites and that’s why I avoid people with rigid and inflexible personalities. In friendship I dislike the lack of loyalty and betrayal. I do not get along with those who do not know how to give a compliment or a word of encouragement. Exaggerations bore me and I have difficulty accepting those who do not like animals. And on top of everything I have no patience for anyone who does not deserve my patience.

Meryl Streep quoted it as words she lives by!

Tuttavia mi ha aperto profondamente gli occhi, come diceva Gandalf nel film de Il Signore degli Anelli spetta noi decidere cosa fare del tempo che ci viene concesso e siccome la media delle persone si accorge di quanto passi velocemente troppo tardi, lo reputo sempre attuale per poter provare ad influire ancora maggiormente su quanto è in nostro controllo.

Da qui gli spunti per cambiare un comportamento o creare una nuova routine come dice Marco Montemagno in questo suo video, oppure, cosa che ha funzionato con me, provare ad aprirsi a nuovi punti di vista, nuovi cibi, nuovi generi musicali, nuove attività sociali e sportive etc. Con questi presupposti credo si possa comprendere più a fondo il significato delle parole di Maryl Streep.

Ora, ai più questi paragrafi appariranno una marea di vaccate scritte in preda al delirio da mancanza d’ossigeno dovuta alla pressurizzazione di questo aereo (Sono per la prima volta su un volo transoceanico AirFrance, scelta ottima. Evitate Delta e American Airlines come la peste) che mi sta portando a Los Angeles per lavoro, sprovvisto di connessione Internet, ma dopotutto un blog (nella sua primigenea concezione) è la miglior palestra per riflettere su certi aspetti dell’esistenza senza essere necessariamente dei filosofi, provando a stilare un piano per essere delle persone migliori o peggiori a seconda di cosa vogliate per davvero per voi stessi.

E sfido chi dice che non è più necessario chiamarli tali perché ormai sono troppo oscurati dall’ombra dei Social Network, come nel recente post di 6pixel…. Provate a raccontare voi stessi con la stessa riflessione su altri luoghi e poi ne riparliamo.

Ci avete mai provato? Potrebbe funzionare anche con voi. È una piccola cosa, ma mi è sempre stata utile in questi ultimi 8 anni in cui ho iniziato a scrivere sul serio, ma soprattutto a condividere. Sotto ogni punto di vista, lavorativo, sociale e da cui sono anche nate qualche piccole soddisfazioni.
Medium, Tumblr, Wordpress.com sono tutti dei buoni punti di partenza gratuiti. Oppure Squarespace (che poi è la piattaforma che uso) se si vuole un po’ più di facilità creativa, ma con un mantenimento sul lungo senza troppi grattacapi.

Un bacio da Santa Monica e buona vita.

My Pizza is better than yours🍕

10 minuti in metropolitana sono buoni anche per un post. Sulla pizza al trancio 🍕.

Tutto nasce da una discinesia alla mia scapola destra. Un paio di volte a settimana devo andare dietro il Duomo di Milano a fare fisioterapia per tornare ad avere una spalla sana.Oggi dopo mezz’ora di scrocchiamenti e dolori ho deciso fosse giusto premiarmi con una fetta di pizza da Spontini.Spontini è una specie di istituzione a Milano. Fa una pizza che esula dall’idea che tutti abbiamo. Non è la ricetta napoletana, non è la tradizionale pizza bassa che tutti conosciamo.

È alta, cotta ad alte temperature e l’olio usato come ingrediente la fa sembrare quasi fritta al palato, aggiungendo quel tocco pieno in più una volta arrivati alla crosta.Ci sono otto ristoranti Spontini a Milano. Tra gli ultimi in ordine d’apertura c’è quello sul finire della Galleria Vittorio Emanuele, in via Santa Radegonda, proprio accanto al Duomo di Milano.Differisce da tutti gli altri per essere un locale dove si può mangiare solo in piedi o prendere una fetta di pizza da asporto. Probabilmente proprio per questa sua natura un po’ troppo effimera di consumo della fetta, non eccelle rispetto agli altri due ristoranti che ho personalmente provato. Mi ha fatto sorridere inoltre, pensando ai fast food americani, il cartello in cui si vieta il refill. Ma almeno hanno la Pepsi, e tanto mi basta.Se proprio volete testare appieno l’esperienza Spontini dovete secondo me optare per il ristorante di via Papiniano, dove per me il gusto della pizza è sempre stato superiore agli altri.Da non disdegnare, una variante simile, Griso1961 è una pizzeria al trancio in piazzale Maciacchini che propone una ricetta simile a quella di Spontini, ma con maggiori varianti di gusto e probabilmente meno calorica. Da provare anche lui.Buona 🍕 a tutti.

Le stragi ai tempi di Facebook

Quando accadono meglio io ne stia lontano, almeno per qualche periodo.A ogni strage assisto ad inconcepibile rincoglionimento di massa sottoforma di immagini e frasi pubblicate senza la benché minima cognizione di ciò che si sta pubblicando, con basi informative recuperate da wikipedia nella migliore delle ipotesi.La solidarietà da social network è una forma pericolosa di perbenismo mista all’autoconforto di aver fatto l’azione più socialmente accettabile, sintomo di un approccio distorto ai problemi del prossimo condito dalla grossa incapacità di discernere l’essere dall’apparire.Sarò un insensibile ignorante, bastian contrario e polemico, ma non riesco a partecipare ad un contesto dove le stragi vengono trasformate in tifo da stadio.Voglio dire a cosa serve agghindare una foto profilo o una copertina di blu, bianco rosso e tatuarsi Liberté, Égalité, Fraternité sull’avambraccio? Cosa vogliate importi alle famiglie delle vittime se avete deciso di mostrare la vostra solidarietà su Facebook? Posto innanzi tutto che vi conoscano e che sia ben visibile a loro il vostro account.Esatto, risposta esatta, una benamata mazza.Tuttavia essere in pace con se stessi, sbandierando la propria appartenenza innalza i cuori e…a posto così, abbiamo fatto tutto per essere allineati con la massa e facciamo parte anche noi del carrozzone dei buoni.Ed è per questo non mi vedrete mai schierarmi come un ultras con in colori di questa o quella nazione sotto attacco in quel momento. Ho preferito optare per un’azione più sensata, rintracciare amici in grado di essere raggiunti, sincerarmi delle loro condizioni offrendo il mio possibile aiuto. L’unica cosa avesse senso fare in mio potere in quel momento.

Proprio quando pensavo Facebook avesse assunto un ruolo di una qualsiasi utilità in un avvenimento del genere, permettendo di segnalare lo stato di salute di qualsiasi persona si trovasse nei paraggi, non meno di 24 ore dopo assisto ad un nuovo sfruttamento da curva di una tragedia di queste proporzioni.

Quando accadono meglio io ne stia lontano, almeno per qualche periodo.A ogni strage assisto ad inconcepibile rincoglionimento di massa sottoforma di immagini e frasi pubblicate senza la benché minima cognizione di ciò che si sta pubblicando, con basi informative recuperate da wikipedia nella migliore delle ipotesi.La solidarietà da social network è una forma pericolosa di perbenismo mista all’autoconforto di aver fatto l’azione più socialmente accettabile, sintomo di un approccio distorto ai problemi del prossimo condito dalla grossa incapacità di discernere l’essere dall’apparire.Sarò un insensibile ignorante, bastian contrario e polemico, ma non riesco a partecipare ad un contesto dove le stragi vengono trasformate in tifo da stadio.Voglio dire a cosa serve agghindare una foto profilo o una copertina di blu, bianco rosso e tatuarsi Liberté, Égalité, Fraternité sull’avambraccio? Cosa vogliate importi alle famiglie delle vittime se avete deciso di mostrare la vostra solidarietà su Facebook? Posto innanzi tutto che vi conoscano e che sia ben visibile a loro il vostro account.Esatto, risposta esatta, una benamata mazza.Tuttavia essere in pace con se stessi, sbandierando la propria appartenenza innalza i cuori e…a posto così, abbiamo fatto tutto per essere allineati con la massa e facciamo parte anche noi del carrozzone dei buoni.Ed è per questo non mi vedrete mai schierarmi come un ultras con in colori di questa o quella nazione sotto attacco in quel momento. Ho preferito optare per un’azione più sensata, rintracciare amici in grado di essere raggiunti, sincerarmi delle loro condizioni offrendo il mio possibile aiuto. L’unica cosa avesse senso fare in mio potere in quel momento.

Halo 5: Guardians — La Recensione

Finalmente ci siamo. Il gran giorno è arrivato e da domani Halo 5 sarà disponibile sul mercato, esclusiva Xbox One. Una scelta precisa quella di 343 Industries: mostrare i muscoli di Xbox One lasciando perdere la passata generazione di console Microsoft.Ho completato la modalità campagna a difficoltà normale in poco meno di 5 ore e ho gustato il titolo lasciandomi trasportare da una trama importante, i cui intrecci hanno necessariamente bisogno di una seconda ripassata con le modalità Eroica e Leggendaria.Non fatevi ingannare da un periodo forse troppo breve per un titolo del genere, ogni missione lascia spazio a molte altre attività da compiere come recuperare dei file audio e i classici teschi. Quindi, se calcolate anche le altre difficoltà e la possibilità di ri-giocarla in co-op, la campagna guadagna un tasso di rigiocabilità molto molto alto.Ricominciare. Questa è stata la mia parola chiave prima di scaricare il titolo sulla mia console. Ricominciare a rientrare nell’ottica del mondo Halo è stato più complesso del previsto dopo un anno di Destiny come FPS di riferimento. Tuttavia la dieta che durava dal 2012 è stata, come certamente saprete, sapientemente interrotta l’anno scorso con l’uscita della mastodontica edizione di tutti e 4 i precedenti capitoli nella Master Chief Collection.Devo ammettere che ricordavo poco la trama di Halo 4, ma con l’avanzare in questo secondo capitolo della nuova trilogia tutto tornava alla mente.La natura di Halo 5 è duplice, dal momento in cui si vive e respira per tutta la durata della campagna la dualità tra Locke e John-117aka Master Chief. Locke, incontrato già come attore in carne ed ossa nella web series Nightfall (e visibile sull’App Halo Channel, nda). I due Spartan, capitani rispettivamente della squadra Osiris e Blue Team, agiscono per il bene dell’umanità, ma al contrario di Master Chief, che ha in testa solo il ritrovamento di Cortana, Locke sa che deve raggiungere il suo rivale prima che tutto degeneri.Non preoccupatevi troppo se la trama sembrerà confusa e con pochi punti chiari, sul finale (che non posso ovviamente raccontarvi per ragioni di embargo) tutto sarà più nitido, alcune scelte fatte in chiusura di Halo 4 saranno decisamente più chiare e si spiegherà parte del motivo per cui Cortana si è allontanata da John.Come per gli altri 4 capitoli della saga, le ambientazioni e gli scenari tendono a uno spettacolo più cinematografico che videoludico, in alcune di esse sembra di trovarsi coinvolti in uno dei capolavori di Rare, estremamente colorati e quasi artistici. Gli intramezzi video saranno tanti, ma necessariocollante per comprendere le azioni da compiere poi in fase di gioco.Una guida sull’obiettivo della missione sarà sempre disponibile premendo freccia giù sul D-Pad, a guidare lo scopo finale delle due squadre di cui prenderemo il comando man mano.Devo ammettere che ho avuto una sensazione di estraniamento dai precedenti capitoli. Difficilissimo da spiegarlo scrivendo la recensione, ma è come se stessi ascoltando uno degli ultimi album dei Linkin Park cercando di paragonarlo con il primo. La ruvidezza e la volontà di mantenere spartani alcuni elementi di gioco delle prime edizioni di Halo hanno lasciato il posto ad un’evoluzione elettronica e quasi cyberpunk.

Insomma, quando mai si sono visti mega robottoniin stile Transformers in Halo? Siamo troppo abituati a degli alieni in stile Alien, e perdonate il gioco di parole.

Lascio a voi il giudizio su questo cambio stilistico, apportato principalmente su alcune tipologie di nemici, e forse elemento caratterizzante e differenziante dei prometeici.Come dicevo, nel momento in cui saremo al comando della squadra Blue seguiremo l’ossessione di Master Chief per riuscire a comprendere dove Cortana sia finita, ma soprattutto come si sia evoluta in tutto questo tempo. Locke invece si dovrà occupare di fermare John-117, inseguirlo ed evitare di permettergli di raggiungere Cortana, spaventato dal fatto che Master Chief possa agire più per lei che per il bene dell’universo.[embed]https://youtu.be/57AD5inbKAs\[/embed\]343 Industries ha lavorato molto bene nella realizzazione dei dialoghi e cut-scene per permettere a noi di godere dalle tante sfumature dei due protagonisti, cosa purtroppo poco vera per i momenti di gioco dove, se non per alcuni accorgimenti come la dotazione delle armi iniziale, si fatica a comprendere chi dei due stiamo impersonificando. Sarebbe stato bello dotare uno dei due di qualche particolare abilità in modo da sapere sempre chi si trovi sotto il nostro controllo. Ciò non pregiudica la giocabilità, ovvio, ma avrebbe garantito un’immersione maggiore nel cercare di raggiungere il finale che il titolo riserva. Quest’ultimo quanto mai incerto e con ampi rimandi a tutta la trama della saga.La rapiditàesplorata e apprezzata durante il mio test della Betaqualche mese fa è rimasta intatta in quasi tutte le fasi di gioco, mentre in altre ho sofferto l’impossibilità di fuggire da nemici molto più rapidi di me, ma vi accorgete presto di chi sto parlando. Protettoreanyone?Il jet-packfa bene il suo dovere, soprattutto in fase di planata e nel momento in cui dobbiamo atterrare in un luogo pieno di nemici e vogliamo un po’ di tranquillità.

Novità

Squadra

La più grande novità introdotta in Halo 5 è quella di affrontare tutta la modalità campagna a capo di micro squadre di quattro componenti. A noi ovviamente verrà lasciato il compito di impersonare Master Chief o Locke a seconda delle missioni, ma grazie al D-pad potremo impartire comandi ai restanti 3, come spostarsi in una particolare zona o affrontare un certo nemico, azioni che sono entrambe a portata di pollice.Non ho particolarmente apprezzato l’assenza di divisione del team per obiettivi differentiall’interno della mappa. Se decidiamo di concentrare le forze di alcuni su un nemico differente da quello impartito, non sarà possibile procedere a meno di spostare tutta la squadra su un altro scontro.InHalo 5 si muore pochissimo, si tratta piuttosto di una morte apparente. 343 Industries introduce la possibilità di ricevere cure dai restanti componenti della squadranel momento in cui gli scudi della nostra armatura non saranno più in grado di ricevere proiettili avversari.Un altro elemento visto di recente in Destiny in modo da evitare un respawn da un check-point molto lontano temporalmente dal punto in cui siamo morti, ma che permetterà di proseguire la storia praticamente da subito, sarà infatti sufficiente premere il pulsante X per richiamare l’attenzione dei compagni e ricevere le opportune cure. Lo stesso si potrà fare nel caso in cui saranno loro a soccombere sotto le armi nemiche.

Cani

Onestamente mi chiedo come mai la presenza canina si sia affacciata così massicciamente nei videogiochi negli ultimi tempi, forse una mera carenza d’affetto di alcuni sceneggiatori/programmatori, tuttavia anche Halo 5 ha visto il loro arrivo.Ci vengono gettati addosso dai prometeici praticamente fin da subito, e non so per quale motivo mi hanno ricordato moltissimo la veemenza vista nel primo Resident Evil ormai nel lontanissimo 1996.Sono piuttosto facili da abbattere, occhio a non avere sempre l’arma con il mirino piantato, vi si posizioneranno alle caviglie senza neanche che ve ne accorgiate.

Spartan Companies

Non a tutti piacciono i clan, magari non si instaura un buon rapporto con i compagni di squadra perché qualcuno ha qualità superiori o inferiori alle nostre, oppure semplicemente perché si ha necessità di una caratteristica particolare per affrontare un combattimento.343 Industries introduce le Spartan Companies. Navigando sul sito di Halo si avrà la possibilità di accedere a dei gruppi già creati, o crearne uno ad-hoc verificandone le caratteristiche di accesso basate sulla bravura nel gioco, ed entrarne così a farne parte e uscirne subito dopo, se lo ritenete opportuno.Un modo differente di pensare i team di gioco, dando la possibilità così di conoscere in modo più frequente nuove persone dedite al mastodontico mondo di Halo.

Warzone

Sembra essere la modalità multiplayer più interessante, nonché una novità assoluta per i giochi FPS del 2015. Oltre alla classicissima Arena in cui sono presenti le modalità viste già nei precedenti Halo (Re della Collina, Cattura la Bandiera etc.), in questa nuova versione del gioco online non solo si viene divisi in squadre con la logica del rossi vs blu, ma vengono aggiunti alle arene anche i nemici che avrete imparato a conoscere durante la campagna in singolo o co-op.Infatti, per fare punti e rubarne alla squadra avversaria risulterà fondamentale uccidere non solo gli umani della squadra avversaria, ma anche le IA già viste in pve, aggiungendo così un elemento di maggior competizione per una modalità ormai tra le più classiche. 25 punti, i più alti riscattabili con una singola uccisione, si realizzano terminando uno dei boss disponibili nella mappa, facilmente individuabili grazie alla classica riga bianca di energia sopra la loro testa nel momento stesso in cui si inizia a sparare.Più uccisioni si totalizzano, più armi e veicoli si avranno a disposizione durante il respawn. Sarà quindi possibile rinascere a bordo di un Ghost o Banshees, Warthogs, Phantoms e iniziare a volare liberamente così da investire in pieno gli avversari. Oppure si avrà la fortuna di pilotare il nuovissimo robottone Mantis, avendo la sensazione di essere un po’ dentro Titanfall.24 giocatori nella stessa mappa oltre ai nemici controllati dall’AI è tanta, tantissima roba. Nessun rallentamento quando l’ho provato pur avendo una misera 7 Mega casalinga. Bravissimi!Credo sia la modalità che garantirà a Halo 5 il successo online di questa stagione videoludica che sta per aprirsi e si concluderà l’anno prossimo di questi tempi, in cui probabilmente vi staremo parlando di cosa Destiny porterà di nuovo sulle nostre console.

Forge

In quella che 343 Industries descrive come la più grande Forgia mai vista, Halo 5: Guardians permette ai suoi giocatori di tornare a utilizzare il mitico editor mappe, che vi permetterà di realizzare quello che passa per la vostra testa e sperimentarlo nel multiplayer. Tuttavia l’editor non sarà disponibile prima di dicembre, ma con oltre 1600 elementi di editing e nuovi controlli credo che l’attesa sarà ben ripagata.La parte online vedrà l’arrivo di 20 mappe giocabili a partire da domani, e si arricchirà di ulteriori 15 DLC gratuiti da qui a giugno 2016, con dei lanci scaglionati. L’unica speranza è quella che non si verifichino gli stessi problemi che hanno afflitto la Master Chief Collection; ancora ricordo i tempi di attesa biblici per giocare online, troppe settimane dopo l’uscita del titolo a causa di problemi tecnici.

Conclusione

Halo 5 tratta il tema del viaggio, sicuramente troppo breve rispetto alle aspettative. La presa di coscienza di entrambe le squadre che andremo a controllare, ci farà accorgere (al finire di tutto) di aver compiuto un iter tra chi cercava risposte e chi inseguiva questi ultimi. Un viaggio che ancora una volta vi farà amare alla follia la saga, oppure vi allontanerà drasticamente da essa.Tuttavia mancano ancora troppe risposte all’appello per sapere come tutto andrà a finire. Ve ne accorgerete non appena poggerete il vostro pad. È il gioco del momento per Xbox One insieme a Forza Motorsport 6, ma per capire davvero ciò che si sta affrontando reputo imprescindibile il giocare ai precedenti capitoli, altrimenti si capirà ben poco della campagna singola. Se invece siete alla ricerca di un gioco godibile solo in multiplayer, non troverete nulla di meglio.

Written by Andrea Contino since 2009