Videogame Blogger

Questa storia inizia nel 2007. Quale? Quella di aprire un blog. Non mi sono mai interessato alla fama, alle classifiche varie, al diventare una blogstar. Ho aperto un blog per dare sfogo alla mia voglia di conoscere, approfondire cose che mi interessano nei tempi e nei modi in cui decido io, ma soprattutto per socializzare.In tre anni ho conosciuto tante persone, tanti altri blogger italiani che hanno dato vita ad un nuovo gruppo con il quale fare due cose in particolare, condividere e confrontarsi. Offline o online poco importa. Ritorno per un attimo alla questione reputazionale. La chiave di lettura che le ho sempre dato è stata non tanto quella di vederla come una classifica decisa in base a dei link, ma piuttosto considerare delle persone in grado di creare un effetto a catena tale da scatenare il cosidettobuzz.Essere dei punti di snodo cruciali nel word of mouth della Rete.Oggi mi sono sentito un po’ così anche io. Stasera sono tornato a casa e nella casella postale ho trovato una piccola busta, apparentemente vuota, proveniente dagli Stati Uniti, con sopra questa scritta.

Per quel pochettino di comunicazione che capisco ho subito pensato a qualcosa di viral. Così è stato.La chiavetta contiene un file audio e uno testuale. Quello audio, in un mix di ricordi tra Fallout 3 e BioShock, recita così:Il file testuale invece contiene le seguenti parole, scritte una per riga:CryptographyIsotopePhilanthropyHydrogenEmberRebirthMi sono arrovellato un po’. Il file audio riporta un codice MODZZJMQRYD3FRP ho pensato potesse essere da inserire come codice di riscatto in una delle due console per sbloccare qualche contenuto, dato che la scritta sulla busta si riferiva al mio status di videogame blogger.Lo so, lo so, mi sarei dovuto sforzare un pochettino di più, ma il calcetto di fine settimana incombeva. Sono tornato da poco, la stanchezza ha avuto la meglio e sono andato a cercare in Rete se qualcun altro si fosse imbattuto nella medesima esperienza.A quanto pare sì. Tra tutti Joystiq che è riuscita nell’intento di fare qualche passo in più ma non nel risolvere l’arcano. Risentendo meglio l’audio, usando motori di ricerca e combinando l’acronimo CIPHER, sono arrivati a questo sito http://www.gknova6.com/Misterioso anch’esso e con altri file audio con citazioni famose che conducono al cifrario di Sir Bacon. Lo strano codice contenuto nel file audio, interpretato con i giusti strumenti crittografici porta a questa frase:April Week TwoSeconda settimana di aprile. Che cosa significa? L’annuncio di un nuovo gioco?Tanti siti web ipotizanno Call Of Duty 7, Kotaku pensa a Singularity.Intanto c’è chi su Twitter non perde tempo a tenere il passo con gli aggiornamenti del sito viral GKNOVA:Se si dà uno sguardo più approfondito al sito si vede il logo di InfintyWard che appare bel bello prima del file audio.Mi ricorda tanto quando fatto da Microsoft con I Love Bees nel 2004 per il lancio di Halo 2. Staremo a vedere settimana prossima cosa succede. Per il momento ben fatto Activision per l’esperimento Viral.Chiudo il post e mi sento alquanto stranito. Ho ricevuto la stessa cosa che hanno ricevuto i grandi portali di gaming americani. Perchè? Si, sono vicino a questo mondo, ma c’è senz’altro chi più di me sa scrivere e cantare le lodi di questo mondo fantastico dei videogiochi, e spero abbia ricevuto anche lui il pacchetto.Dal canto mio ringrazio chiunque sia stato a tenermi presente per questa cosa. Oggi mi sento un po’ più buzzer.Spero di avere nuovi aggiornamenti.

Alla fine, Avatar

Sala completamente vuota. Il vantaggio di vedere un blockbuster a due mesi dalla sua uscita. Parli in giro e se dici che non hai ancora visto Avatar la gente ti guarda male, ti trafigge con gli occhi, manco avessi confessato di non conoscere la tabellina del 2. Da ieri faccio parte anche io della cerchia, perciò se mi vedi con quello sguardo, sai il perché.Partiamo dal contorno. Il 3D non mi dice niente. Quasi tre ore con occhiali fatti in plastica rigida mi hanno solcato il naso, si ok, ti sembra di entrare nel film, ma almeno il naso me lo vorrei riportare a casa tutto intero.Vantaggi della tecnologia? Ne ho apprezzati pochi, realismo puro in pochissime scene dove sembra di essere una delle comparse, ma sinceramente sono convinto che si possa godere il film allo stesso modo con cui abbiamo li abbiamo sempre guardati. Avatar ha dato il là al fenomeno, ora sembra che se il film non esca anche in 3D sia solo una pellicola d’essai con incassi nulli. Concordo con la recensione di Andrea, e aggiungo che mi sembra una buona trovata per gonfiare le tasche di case di produzione e sale cinematografiche che guadagnano due volte sullo stesso film.Piccola digressione polemica sul 3D a parte, torniamo ad Avatar. Ho letto poco e mi sono informato ancora meno sul progetto di Cameron, sono voluto arrivare alla visione del film senza nessun “bagaglio di altri” e lasciare che la visione mi rapisse.Le letture che sono riuscito a dare sono queste:

  • L’Uomo che gioca a fare Dio
  • Messaggio puramente ecologista sulla distruzione del nostro pianeta da parte dell’uomo
  • Analogie con Matrix sullo sfruttamento delle materie prime terrestri e la connessa colonizzazione aggressiva per ottenerle
  • Stati Uniti, Paese invasore e imperialista che distrugge popolazioni innocenti per ottenere risorse (geografiche, materiali) strategiche

Mi piace pensare a Pandora però come ad un viaggio introspettivo, anzi, meglio, come un viaggio nella proiezione migliore di sé. E’ nel significato stesso del titolo del film. Avatar significa tante cose: “Manifestazione, incarnazione, discesa”. Forse lo sforzo di Cameron è stato proprio questo, trasmettere un messaggio con un forte sapore filosofico.La trama non è il punto forte, purtroppo non ha nulla di originale, ma anzi prende in prestito tante citazioni da altrettanti grandi classici della cinematografia hollywoodiana (buoni e cattivi, vita selvaggia contro vita reale, Pocahontas, etc.).Probabilmente ha ragione Mariarosa Mancuso de Il Foglio quando dice:

“Avatar” non cambierà la storia del cinema. Solo la classifica degli incassi.

Ma mi permetto di dire che il punto di forza non risiede nell’intreccio in se stesso, piuttosto sta nell’ecosistema costruito, un mondo affine al nostro, ma ripensato da zero, con regole, flora, fauna, lingue e specie diverse. Un attento studio e applicazione di antropologia, linguistica e biologia.Ancora una volta, ripensare a noi stessi e al nostro mondo in chiave migliore, più verde, lo stesso dei dollari sonanti.

Voiello incontra Davide Oldani

Finalmente trovo il tempo per scrivere due righe sull’incontro di ieri di Voiello. Come sempre molto ben organizzato e come sempre in una suggestiva location, Centro Internazionale di Fotografia FORMA.L’occasione è stata quella di incontrare lo chef Davide Oldani. Personalmente non conoscevo Davide anche se praticamente tutte le persone a cui l’ho chiesto, partendo da mia madre e passando per le mie colleghe, mi han fatto passare per un ignorante di prima categoria.Pazienda. Davide ha uno stile tutto suo che ama chiamare POP, non nell’accezione commerciale del termine bensì quella artistica. Durante l’ora e mezza di speech mi è sembrato preparato, ha citato Escoffier più volte, così come Bocuse e il suo maestro Gualtiero Marchesi.In particolare, questi ultimi rinomati per la loro tanto famosa Nouvelle cuisine. A quanto ho capito Davide sta cercando di combinarla con la cucina tradizionale italiana, un azzardo molto forte, ma che cerca di riscoprire il contrasto equilibrato dei sapori della nostra tavola, utilizzando soltanto prodotti di stagione.Un azzardo, appunto. Perchè resto convinto che la nostra cucina, quelle delle nostre nonne, mai e poi mai potrà sposare quella francese in toto. La tradione culinaria italiana ha ricette antichissime, Voiello questo lo sa bene.Merito a Davide di lavorare in team, di scegliere personalmente e con una minuziosa precisione gli ingredienti dei suoi piatti sperimentando di anno in anno la composizione di menu sempre diversi.Ero lì in qualità di blogger, e da blogger mi sento di riportare anche quello che mi ha un po’ sorpreso.Non ho mai mangiato da Davide quindi posso solo basarmi su quello che ho sentito dire da lui, che ha trasformato ogni sfaccettatura del suo lavoro nel business (keywork di tutto il suo intervento) del servire il cliente, che ha creato sempre per business una linea di bicchieri, che ha avuto poche donne in cucina (e non si è riuscito sinceramente a capire come mai) e che a quanto pare assume solo cuochi che abbiano letto i suoi libri.Ripeto, non ho mai mangiato da Davide, ma come tutti gli Chef, nessuno escluso, mi ha dato la classica impressione di avere sfumature da prima donna. Sono super curioso perciò di vederlo in azione presso il D’O, il suo ristorante, con il nome dai mille significati.Voglio ringraziare Pepe, Voiello e Hagakure per l’invito. E’ ormai il terzo incontro che faccio con voi e mi sto riscoprendo sempre più appassionato di questo argomento, del mangiar sano. Non voglio diventare un foodblogger, ma probabilmente il critico culinario potrebbe essere un’opzione plausibile.Di seguito le slide della presentazione:Voiello Incontra Davide Oldani

Buzz Marketing e Blogosfera

Al di là di essere stato coprotagonista di questa vicenda avendo pubblicato un post su God of War III per partecipare ad un contest per vincere il gioco, ho voluto seguire da spettatore lo streaming dell’ incontro avvenuto oggi presso The Fool. Il bello della rete è che ci si riesce ad incontrare anche organizzando in poche ore e di domenica.Si è discusso poi alla fin fine poco del sale sulla ferita che tanto in questo fine settimana ha fatto infiammare una parte della blogosfera nostrana. Ovvero il modus operandi del pay per post attuato da PromoDigital finita nell’occhio del ciclone.Si è preso invece l’argomento un po’ più alla larga, andando ad analizzare le politiche e le problematiche del Buzz Marketing in genere, e se i blogger che le attuano diventino automaticamente soggetti da evitare perché poco credibili in quanto “acquistati” dall’azienda per parlare bene di loro.Per fortuna ho avuto modo di vedere che si è ragionato e bene, sottolineando che quest’ultima affermazione non ha ragione di esistere perché da che mondo e mondo chi si cimenta nella recensione di qualcosa che ha ricevuto a titolo gratuito ha il diritto e il dovere morale di parlarne come crede.Regolamentare questi processi? Mafe fa notare come anche qui da noi di regolamentazione ne esisti già una, anche se mi è parso di capire dalle discussioni di oggi che ci sia una gran confusione, soprattutto sull’applicabilità ai blog nella fattispecie. Innanzi tutto perché complicato classificare tutte le tipologie di blog che esistono, e secondo punto, perché ci sarà sempre chi sarà disposto a piazzare un bel bollino sul proprio post e chi invece scriverà del prodotto ricevuto senza necessariamente farlo.Le aziende, poi, come ben sottolineato qui, in rete spesso agiscono per logiche diverse, soprattutto quando si tratta di prodotti nuovi, andando probabilmente a fare appunto più Buzz possibile senza curarsi in un primo momento se l’ondata sia positiva o negativa.E’ altresì dovere morale di qualsiasi agenzia, adita a queste pratiche, quello di mantenere la libertà di espressione del blogger che decide di aderire a una qualsiasi campagna di Buzz Marketing ed è la cosa per la quale giustamente Wolly tanto si è arrabbiato, interpretando quanto scritto. Le famigerate FAQ da lui riportate non lasciano spazi a dubbi, ma c’è da dire che su FriendFeed PromoDigital ha dimostrato apertura, spiegando come vanno realmente le cose, ammettendo l’errore e chiedendo aiuto proprio ai blogger su come porre più chiaramente l’esplicitazione delle stesse.Per il mio caso specifico, ho pubblicato in fretta omettendo di dare spiegazioni, e a tutti gli effetti, per chi leggeva, sembrava proprio che stessi partecipando alla campagna per ricevere del denaro quando invece la cosa che mi interessava era prendere parte ad un contest tra blogger per ricevere il gioco. Sbagliando tra l’altro la procedura, perché ho pubblicato immediatamente la cosa senza passare per l’approvazione, non avendo letto le FAQ. Errore mio.Mi spiace solo che altri, come Gioxx, interessati a ripubblicare la notizia siano stati tacciati di essere venduti o privi di obiettività. Come dice Roberto, non ci si dovrebbe neanche porre il problema, tanto meno se si esplicita quello che si sta facendo e magari criticando anche quello di cui si sta scrivendo.Sempre aperto al confronto, scrivetemi pure via email o su FriendFeed.

Heavy Rain

Ad ogni azione una reazione. Ad ogni causa il suo effetto. Riassumere Heavy Rain così non è sufficiente, ma se mi chiedessero di farlo con un concetto non saprei esprimermi meglio. Dei tantissimi giochi che ho la fortuna di saggiare, ben pochi sono in grado di portare a termine. Il tempo a disposizione mal si sposa con tutto quello che c’è a scaffale.Il tanto rumoreggiare che si è fatto intorno a Heavy Rain mi ha convinto a dare quanto meno un’occhiata. L’ho finito. In due giorni.Perché?L’appellativo di videogioco a Heavy Rain sta stretto. I comandi sono una didascalia continua, non c’è bisogno di ricordarli, appaiono onnipresenti nell’ambiente in cui ci si muove. L’interazione è minimale e leggera, a cui tutti possono prendere parte, anche chi non ha mai preso un pad in mano.

La profondità del racconto e un alto coinvolgimento emotivo sono il risultato di un sapiente utilizzo di un particolare tipo di Quick Time Event. Decisioni rapide in momenti topici determinano l’andamento della storia facendo si che il giocatore si perda in pieghe e intrecci narrativi ogni volta (18 a quanto pare i finali disponibili) differenti. Non esiste Game Over, le nostre scelte fanno progredire sempre e comunque, qualsiasi esse siano.Heavy Rain è la cosa più vicina a un film o meglio, a parer mio, ad un libro, che abbia mai visto da quando ho iniziato a videogiocare. E’ un’immersione totale, un lungo sorso alcolico di tequila che va ingerito tutto d’un fiato come da tradizione. Ma che al tempo stesso lascia una sensazione di amaro in bocca.Non c’è senso di libertà, è un percorso guidato, che se da un lato lascia pochissimo spazio alla noia dall’altro rende il gameplay poco profondo anche se mascherato da una saggia sceneggiatura che perde qualche colpo solo nei momenti finali. Probabilmente il gioco avrebbe meritato un controller differente da un dualshock, troppo vetusto per un’esperienza del genere. Dei muscoli di Playstation 3 poco si percepisce a parte un attento studio dell’espressività dei volti.Non voglio svelare nulla della trama, ho bisogno di credere che chiunque ami questo genere artistico abbia l’occasione di provarlo. Come dice Wired, Heavy Rain è come una crepa su un vetro, una minuscola frattura che lascia intravedere come in futuro saranno i videogiochi, o almeno una parte di essi. Un bagno interattivo che avvolgerà i nostri sensi.E’ destinato a diventare un grande classico, come Moby Dick o Il Signore degli Anelli, un’esperienza da vivere. Se ne avete l’opportunità, fatelo.

Milan, l’è on gran Milan

Ho la sensazione che in tanti si offenderanno, ma ho amato questo post di Micaela dalla prima all’ultima riga.

Conclusione: consiglierei a tutti coloro che passano tre quarti della propria vita a lamentarsi di quanto Milano è grigia, triste e morta, di uscire dalla loro bara mentale e di andarsi a prendere ciò che desiderano.

Sì, perchè se a Milano si trova lavoro (e anche su questo si potrebbe aprire un dibattito), a guardar bene, potreste rimanere stupiti da quanta cultura e da quanto divertimento offre questa distinta signora che detesta ostentare, alzare la voce e che — se avesse la possibilità di decidere — farebbe volentieri a meno di chi non ha occhi per scoprire e cuore per ascoltare.

Meglio non scherzare con il PVT

“Te lo dico in PVT”. Ve lo ricordate? Quante volte, tanti anni fa, è capitato di scriverlo nelle chat?PVT è privato. Privato è intimità. Intimità è qualcosa da custodire e preservare a cui soltanto noi decidiamo a chi dare accesso.Dimenticare questo vuol dire perdere fiducia. Perdere utenti. Come riporta LA Times:

The mea culpa did not pacify privacy watchdogs who contended that this was yet another example of online companies playing fast and loose with consumers’ private information.

E qualcuno si sta muovendo anche legalmente su questo aspetto. Non so dire quanto si otterrà da questo sforzo, dopotutto Google Buzz sta progredendo giorno per giorno, ma una cosa è certa, mai sottovalutare il PVT.E’ un nervo scoperto che in pochi accettano venga loro toccato.

L’onda di un Buzz

Che prezzo ha l’informazione oggi? Che prezzo ha trattenere un utente sul proprio sito? Fornire dei servizi a lui utili a costo della libertà di scelta?A rifletterci è così.Google presenta Buzz. Partiamo dalla confusione tecnologica come dice Luca, Buzz arriva dopo Wave. Forse un flop o forse no Wave non è entrata mai nel mainstream dei socialnetwork e ancora in pochissimi la utilizzano. O meglio, ne hanno compreso appieno l’utilizzo.

La sensazione è quella che questo nuovo servizio altro non sia che un’edizione light e decisamente più consumer di quanto già visto su Wave.Ritorno alle catene dell’informazione di inizio post. Trovo azzeccata la descrizione di Louis Gray quando dice:

So how can Google determine relevancy with Buzz and start making sense of the social? Starting with GMail gives the company a major headstart, as they already know which contacts you trade e-mail with most often. They know how often you read e-mail from specific people, who you chat with most frequently by using the integrated GTalk feature, and they will often have data from you that provides your location, helping to tap that metric as well. You can see the steps Google is taking to start categorizing the social experience, with your personal profiles, your social circles, social search and now Buzz. It might be assumed they are playing catch up, but the company is, as it has in its history, with the additions of images, video, books and many other focuses for search and information, is extending its reach to become even more human, and to better understand just who you know, what you like and what you share.

Capire meglio chi siamo. Tutto in un unico posto. La discussione, per una volta lucida, di Scoble è verissima. Perché usare un servizio dove le informazioni che condivido con i miei amici possono finire sulla scrivania di qualche professionista marketing che può pianificare la prossima strategia di comunicazione con le foto delle mie vacanze?Oppure perché dovrei essere obbligato a usare per forza GMail per poter utilizzare il servizio?Dal punto di vista tecnico, benché all’esplicita domanda di un giornalista Google abbia risposto che non si interessa dei competitor ma si basa soltanto sui feedback degli utent, Buzz è pressoché simile a FriendFeed.La sola differenza è che se non usi GMail, di Buzz, te ne fai ben poco. E questo sarebbe avere un Web aperto e interoperabile?A me dispiace solo che FriendFeed inevitabilmente si spopolerà, perché GMail ha 300 e passa milioni di account attivi, quello che fino ad oggi era il Social Network che maggiormente tendeva alla perfezione.

SquareSpace: Intervista a Taddeo zacchini, User Interface Designer

Per la serie italiani all’estero e per la voglia di conoscere meglio chi sta dietro alla piattaforma di blogging che utilizzo, dopo Anthony Casalena, il fondatore di SquareSpace, ho voluto fare qualche domanda a Taddeo Zacchini da poco tempo il loro nuovo User Interface Designer.Ecco il suo racconto da trapiantato a New York. Non nascondo una punta di invidia. Bravo Taddeo!Presentazione. Chi sei, qual è la tua formazione?Mi chiamo Taddeo Zacchini ho 27 anni e sono un Graphic e User Interface Designer, Bologna Italia.La mia formazione parte da una base artistica, più precisamente da il Liceo Artistico, per poi passare alla grafica avendo conseguito il diploma di laurea presso all’ISIA di Urbino. Al momento sono laureando presso il corso specialistico in Interaction Design dell’Università IUAV di Venezia. Essenzialmente il mio percorso formativo è stato principalmente improntato sulla grafica “tradizionale”, quindi immagine coordinata, tipografia, editoria, illustrazione e fotografia. Nel corso degli anni ho comunque sempre approfondito la passione per il mondo Web e in particolare per quello che riguarda il design delle interfacce, usufruendo da sempre del computer e dei dispositivi elettronici.Perché ti sei specializzato in Interface Design?In tutti questi anni, la tecnologia mi ha permesso di migliorare e approfondire la mia conoscenza per l’arte grafica. Diciamo che sono partito dal Web, dove un designer affronta nuove problematiche nella progettazione differenti dalla grafica tradizionale. Essendo fruitore da lungo tempo, ho sempre trovato affascinate il lavoro che c’è dietro alla realizzazione di un interfaccia grafica, qualsiasi essa sia; posso aggiungere che il mio percorso formativo, è stato una naturale evoluzione di quella che era la mia più grande e sentita passione e interesse, e questa combinazione mi ha permesso di raggiungere nuovi obbiettivi a cui non avevo mai pensato di arrivare.Cosa ci fa un italiano in America? Perché questa scelta di vita?Ah! Questa è una bella domanda… Ancora me lo chiedo!È una storia piuttosto particolare ma allo stesso tempo molto semplice: all’inizio del 2007, al termine del corso triennale presso l’ISIA di Urbino, realizzai una tesi di laurea interamente dedicata alla progettazione delle interfaccie e allo studio dell’immagine Web 2.0, disegnandone l’immagine ed un prototipo. Il prototipo in quesitone consisteva in un servizio Web che permetteva a chiunque di disegnarsi il proprio sito senza avere conoscenze tecniche. È evidente la vicinanza con un servizio come Squarespace, la compagnia presso la quale mi trovo oggi a lavorare. Ma a quel tempo non ne conoscevo ancora l’esistenza, anzi, probabilmente Anthony era in procinto di concludere la sua tesi, da cui sarebbe poi scaturita la nascita del’ azienda Squarespace. Dunque, come tutti, misi nel dimenticatoi la mia tesi, nonostante su di essa avessi investito tanto.Successivamente, durante il primo dei due anni di corso specialistico presso l’università di Venezia, precisamente nell’estate del 2008, frequentai uno stage di interaction design presso Nokia Londra. Fu prorpio sul finire di quella esperienza che alcuni dei miei colleghi di Nokia mi fecero conoscere, quasi per caso la realtà di Squarespace. Immadiatamente mandai all’azienda americana curriculum e portfolio, speranzoso. Dopo solo un giorno feci un intervista telefonica che mi portò nel mese successivo a New York come stegista presso Squarespace, iniziando così la mia esperienza negli States.Se questa è una scelta di vita?! Gli eventi mi hanno portato a far si che lo sia diventato. Ho cercato di cogliere le occasioni migliori, poichè so quanto è difficile trovare un lavoro come il mio in Italia.Cosa significa per te lavorare in SquareSpace?Lavorare in Squarespace è incredibile!Una piccola start-up che ha già i numeri per fare grandi cose… L’ambiente è caloroso e giovanile, praticamente siamo tutti sotto i trentanni e c’è un rapporto di lavoro molto sereno e trasparente. Una realtà in cui il tuo lavoro viene riconosciuto al 100%, dove le persone si affidano a te e alle tue conoscenze riconoscendone il valore. Devo ammettere che mi sono trovato piuttosto spiazzato all’inizio, perchè già da allora mi davano parecchie responsabilità e riversavano fiducia in quello che facevo e proponevo. In completo contrasto con le realtà alla quale siamo abituati noi italiani, oggi mi trovo a dover pianificare diversi progetti interni in completa sinergia con gli altri team.La filosofia di base che abbiamo tutti a cuore è la nostra felicità. Se un dipendente è felice e ama il proprio lavoro, lavora e produce cento volte meglio. Mi ritengo fortunato, non c’è cosa migliore che amare il proprio lavoro e vivere di esso in serenità.Nello specifico, tecnicamente il mio lavoro consiste nello studio e nella realizzazione di interfacce: dallo studio concettuale, al disegno di wireframe, alla definizione del layout finale, ai processi di interazione e soprattutto alla progettazione delle icone.Consigli ad un giovane italiano che vorrebbe fare un’esperienza all’esteroIl mio consiglio è prendere tutte le buone occasioni che si possono avere e fare più esperienza possibile all’estero. Soltanto viaggiando si aprono nuove strade e nuove possibilità. Ma soprattutto si apre la mente, si elasticizza il proprio pensare e questo è importantissimo in ogni lavoro. Nella mia vita ho afferrato tutto quello che mi poteva dare qualcosa e ora ne sto riconoscendo il vantaggio.Raccoglierne i frutti, tornare a casa e cercare di trasmettere tutto questo alla nostra realtà, questo è quello che mi piacerebbe fare nel prossimo futuro, perché credo che soltanto tornando si possa creare qualcosa di duraturo e positivo per noi stessi.Grazie ancora per l’interesse.È sempre un piacere!Teddywww.myfavoritething.net

Tempo

Il tempo è un concetto relativo. Frase fatta. Il tempo non è un concetto. Il tempo è indefinibile. Non si può misurare qualcosa di infinito. Come si potrebbe?Quello che l’uomo ha inventato altro non è che un complesso metodo per scandire il ciclo che compie la sfera terrestre intorno a una stella. Tant’è nel nostro vivere quotidiano sembra mancare sempre, il tempo. Come mai? Perché mi ritrovo a fine giornata e sembra che ci siano ancora milioni di cose da portare a termine?Mi domando se bastasse solo un po’ di organizzazione in più, se sono solo io ad incasinarmi con le ore che passano, le cose da fare, la stanchezza e la voglia di dedicarmi ad altro. Non è così, vi sento là fuori, ci siete anche voi.Per chi crede agli oroscopi può interpretarlo come una caratteristica del mio segno. Buttarmi anima e corpo in tutto quello che mi appassiona, per poi accorgermi che manca, il tempo. Mi succede da sempre.Priorità.Ho capito che sono fondamentali, non è una questione di organizzazione, non lo è mai stato. Ma di priorità. Mettere in cima della lista le cose importanti, perché se no uno ne esce matto per davvero. Il 2010 sarà l’anno, l’anno delle priorità. Le mie.E’ una decisione sofferta, ma dovuta e riscontrata in questi quatto mesi. Lasciare la guida di TNWI mi costa tanto, ma le mani sono tue e una sola la testa e mi devo accontentare di questo. Faccio un grosso in bocca al lupo a Nicola De Carne a nuovo Editor in Chief. Spero che il progetto vada lontano, so che una piccolissima parte sarà per sempre mia.Del resto… “Possiamo soltanto decidere cosa fare con il tempo che ci viene concessocit.

Written by Andrea Contino since 2009