Fase 1 SE

Seconda edizione. Così mi piace chiamarla, perché io dal discorso di ieri ho capito veramente poco, ho colto tanta auto celebrazione — per 20 minuti abbondanti — e pochi passaggi significativi, utili a noi cittadini.Cosa cambia? Poco o nulla in realtà. Perché? Una visione del futuro non c’è, è un andare a tentativi, che ok ci può anche stare all’inizio, ma ora?Prendo in prestito le parole di Luca Sofri:

E potevamo aspettarci qualcosa di diverso? Come notano in questi giorni i commentatori in tutto il mondo, le classi dirigenti prodotte dal populismo e dall’indifferenza alle qualità umane e alle competenze stanno mostrando il loro mediocre valore e la loro inutilità nel momento del bisogno. E quelle prodotte da pigre e codarde reazioni progressiste al populismo, prive di progetti e ambizioni, mostrano al massimo qualche buona intenzione in più, e la stessa inettitudine.

Non potevamo aspettarci niente di diverso. I nodi, il pettine. La crisi non rende “migliori” sul piano delle capacità, della responsabilità, del coraggio, dell’intelligenza, della competenza: al massimo a momenti rende un po’ più buoni — alcuni — e quindi anche più indulgenti con le inadeguatezze altrui in tempi drammatici. Non è colpa loro, oggi: ma lo è stata ieri, loro e nostra, e ora ci teniamo questo, altro che Churchill.Non possiamo fare altrimenti, adesso, e collaboriamo con questo: ma c’è sempre un futuro e magari ricordiamocelo, che persone servono — e che persone non servono — a guidare un paese.

Siamo in guai grossi e il peggio deve ancora arrivare.

Un diario per restare a galla

Benché le mie personali cronache si siano interrotte qualche giorno fa, del resto c’è veramente poco di diverso, di nuovo, da dire, considero l’importanza di occupare il proprio tempo raccontandolo una pratica estremamente importante.Nel numero odierno della newsletter di Good Morning Italia si parla proprio di questo, citando un articolo de The New Yorker:

Senza filtro Il diario è immediato, autentico, senza mediazioni, un “deposito scritto” dei propri pensieri e ha il pregio di non essere indirizzato a qualcuno, di non doversi adattare alle aspettative di un potenziale lettore, di poter spaziare nella scelta degli argomenti e dello stile con cui scrivere. I nostri umori si sfogano nero su bianco, i sentimenti e le emozioni sono messi a fuoco.

Cronache terrestri La vita è l’interesse fondamentale di chi tiene un diario e, attraverso il testo, spesso emerge l’elaborazione degli avvenimenti e delle loro conseguenze più importanti. Scrivere è un modo per fissare insieme, indipendentemente dalle intenzioni, una cronaca dei tempi e una traccia di come siamo in un certo momento. Una traccia che, riletta a distanza di tempo, ci darà la consapevolezza e la misura di un eventuale cambiamento.

E non so se capiti anche a voi, ma mi capita sempre più spesso di voler ricercare blog di altre persone per conoscere la loro storia e come stanno vivendo tutto questo, piuttosto che leggere notizie tutte simili tra loro e spesso in grado di confondere di più di quanto non siamo già.La trovo una giusta “terapia” di gruppo per restare ancorati alla realtà.

iPad Magic Keyboard

Ho un iPad Pro 11’’ del 2018, prima generazione.

Al lancio comprai la Smart Keyboard. Piuttosto pesante, assolve bene il suo compito, ovvero non trasforma l’iPad in un computer, ma aggiunge quella fisicità alla tastiera necessaria per scrivere un qualsiasi componimento più lungo di una riga, già difficile con quello da 11’’ non oso immaginare con quello da 12.9’’. Nonostante ciò la Smart Keyboard non è priva di difetti, in primis il fatto di aprirsi soltanto a 125°, il che ne impone l’utilizzo su una superficie perfettamente piana, altrimenti diventa impossibile scrivere. Infine, questa vecchia tastiera assolve anche alla funzione di cover, ovvero quando si è stanchi di utilizzare i tasti, si può ripiegare completamente su se stessa e si può utilizzare l’iPad come abbiamo sempre fatto, come un tablet.

L’annuncio in marzo di una nuova tastiera per iPad Pro mi ha incuriosito non poco. La Magic Keyboard, arrivatami ieri per posta, approccia il device in maniera completamente differente, abbracciando in toto l’aggiornamento iPadOS 13.4 dove è stato introdotto il supporto per il mouse.

Ho deciso di acquistarla principalmente per avere un device portatile che sostituisse in toto un laptop, che non ho, nel momento in cui avessi affrontato viaggi di piacere. Andando più nel dettaglio, quando viaggio amo fotografare e scrivere nei ritagli di tempo aggiornando il blog e facendo editing più o meno pesante con Lightroom. Con questo setting ero certo di poter assolvere a queste necessità. Vediamo se così sarà.

E qui sta il primo errore, considerarla solo una tastiera. Innanzi tutto possiede anche un trackpad, integrando di fatto anche un mouse. È dunque soprattutto una docking station e non una cover come la Smart Keyboard.

Perché?

Come si può vedere dalle mie foto la Magic Keyboard può angolare l’iPad fino a 135°. Una differenza particolarmente importante con l’alternativa. Questo permette di fatto di avere una leggibilità maggiore dell’iPad in quella posizione, trasformandolo in un vero e proprio laptop. Tuttavia questa è la sola posizione alla quale può arrivare. Magic Keyboard non può, infatti, ripiegarsi su se stessa e quindi lasciare libertà all’iPad di tornare ad essere un semplice tablet. L’unica opzione possibile è staccarlo da essa e proseguirne l’utilizzo da “nudo”.

La tastiera è retro-illuminata, ma il controllo della sua luminosità può avvenire soltanto dalle impostazioni software e non direttamente da essa. La pecca maggiore, infatti, è l’assenza dei tasti funzione come il controllo media o, appunto, della luminosità o del tasto esc. Niente che non si possa raggiungere con un paio di clic, ma sicuramente sarebbe stato un bel colpo averli.

A differenza della Smart Keyboard la sensazione della pressione sui tasti è ottima. Non sfigura davanti a nessuna delle vecchie tastiere dei MacBook e dà una buona sensazione di sicurezza e durabilità. Il trackpad poi è una specie di manna dal cielo. Imparati bene i gesti, sembra di essere su MacOS aumentando notevolmente la produttività dell’iPad Pro. In attesa che ancora tutte le app siano pienamente compatibili, vero Google Apps?

In generale si percepisce l’altissima qualità e l’attenzione al dettaglio. I magneti sono potentissimi e sebbene l’iPad sembri fluttuare in aria non si ha mai la sensazione che possa cadere o risultare instabile. Tutt’altro. Se si prova ad aprirla, quando richiusa, risulta impossibile farlo con una mano sola da quanto i magneti la sigillino quasi ermeticamente. Ciò contribuisce a darle un senso di solidità e di sicurezza. La vera pecca è il peso che passa da 470 grammi a 960 grammi. Come avere due iPad insieme. È sempre però bene ricordare che si tratta di una tastiera docking e quindi in grado di trasformare un tablet in un laptop praticamente.

Credo che Microsoft con Surface avesse ovviamente ragione e Apple si sia dovuta arrendere alla sua idea. Ormai mi sono abituato ad utilizzare sistemi Apple esclusivamente da un paio d’anni e credo che, nonostante alcuni punti a sfavore, possa essere la mia soluzione perfetta per viaggio e per produttività casalinga veloce senza dover costantemente accendere il mio Mac mini.

Pro

  • iPad Pro grazie alla Magic Keyboard si avvicina paurosamente a un laptop di alta fascia, integrando il meglio del tablet estendendone l’esperienza senza far mai mancare MacOs
  • Qualità eccellente del prodotto. Tasti e trackpad talvolta superiori a quelli del MacBook Pro (test su quello aziendale del 2018)
  • Possibilità di caricare iPad direttamente dalla tastiera con uno slot USB-C aggiuntivo, consentendo di utilizzare quello posto su iPad per accessori esterni

Contro

  • Pesantezza
  • Non è una cover, ma una vera e propria docking station. Quindi se si vuole stare nel letto e leggere su iPad è necessario staccarlo dalla Magic Keyboard
  • Ha solo due posizioni possibili. Ma c’è già chi ha trovato un hack

Sospesi

Del domani non v’è certezza.Mai come in questo periodo risulta tremendamente vero. Oggi, dopo un messaggio da parte della location su una data improvvisamente liberatasi, abbiamo colto la palla al balzo e deciso di rimandare il nostro matrimonio a settembre.5 mesi invece di 1 e mezzo. Non so se reputarlo sufficiente o ci ritroveremo ai primi di agosto ancora in piena crisi esistenziale, rinchiusi in casa e con le mascherine appese al porta abiti accanto all’uscio.Chiediamo a gran voce tutti chiarezza. E non è più una speranza, ma la voglia di smettere di sopravvivere sostituendola con quella di vivere, pressoché normalmente, come dice Luca Sofri nel suo post. Aggiungendo, sul finale, delle richieste basilari alle quali oggi tutti vorremmo risposta:

Noi nel mezzo, chiediamo che chi è responsabile della vita delle nostre comunità e della progettazione di percorsi e soluzioni (se si capisse chi è, certo) dica se esiste un modo per attenuare le chiusure e gli isolamenti e quale sia, e come, e quando, e ne valuti fattibilità, rischi e benefici; e comunichi e conduca delle scelte, ovviamente adattabili. È quello che si aspettano le persone di buona volontà. Da un pezzo, a dirla tutta.

Temo però il peggio. Ad oggi nessuno lo sa per davvero come fare, nemmeno chi è al governo, nemmeno chi è stato chiamato a proferire opinione in qualità di esperto, nemmeno quel famoso comitato di scienziati. Ad oggi è tutto un tentativo nella speranza che funzioni.Sono sparite d’un tratto le certezze, le programmazioni, la fisicità della socialità e, come dice Davide, per chi fa un lavoro simile al nostro, anche l’importanza di vivere in una grande metropoli.Sul nostro calendario è rimasta solo una data, quella del 3 maggio. La famosa fase 2 non sarà il nuovo miracolo italiano. Sarà quello che ci farà gioire o lamentare e incazzare ancora. Dipende dai punti di vista, da quale estremo ci sentiamo di appartenere.Sta di fatto che quel “pressoché normale” ha ancora tanta strada davanti prima di prenderci a schiaffi in faccia.

Immuni e tracciati

Sono fortunato

Quotidianamente, da 37 giorni a questa parte, esco subito dopo pranzo per far passeggiare il cane e darle il giusto svago.Maschera inforcata, calcolo a spanne i 200mt. e cerco di non allontanarmi mai troppo. Esco dal cancello e svolto a destra, pochi passi e davanti a miei occhi solo campagna.Molto spesso deserta, se non per qualche altro padrone e il suo cane.Sulla via del ritorno oggi mi sono fermato e ho scattato questa foto. Ho pensato a chi vive in 40mq. A chi non ha la possibilità di uscire. A chi non arriva a fine mese con lo stipendio. A chi non ce l’ha proprio. A chi soffre e basta.Mi sono sentito parecchio fortunato.Buon weekend.

Un assaggio di normalità

Oggi è toccato a me uscire per fare spese.Dopo quasi un mese ci mancava qualche prodotto in dispensa. Banalmente qualche uova per fare una torta Lindt, un po’ di affettato, e tante altre piccole grandi cose.Pensavo di andare domani. Invece, dopo il giretto delle 13 con il nostro cane rincasando ho rimuginato su una considerazione.Chi doveva far spese ci è andato per Pasqua e Pasquetta quindi a rigor di logica, oggi, non ci sarebbe dovuta essere troppa coda all’Esselunga del mio paese.A differenza di Giovanni, che abita in città e immagino lì sia sempre una coda perenne, ho avuto tanta fortuna devo dire. Alle 14 all’ingresso principale non c’era un’anima. Piccola postilla, giusto per rassicurarmi ho dato un’occhiata a FilaIndiana. Sai mai che non ci azzecchi. E rincuorato da quel 0 minuti mi sono fatto strada verso quel simbolo del consumismo.Test temperatura superato al primo colpo. Nel supermercato non ci saranno state più di 40 persone. E forse per la prima volta è stato quasi un piacere fare la spesa, avrò contato si e no 3 persone a corsia. Certo, con molte di loro ci siamo sfiorati più volte alla ricerca della stessa tipologia di prodotto, ma essendo tutti dotati di mascherina e guanti, non ci siamo fatti troppi problemi.Ho notato come ad alcuni scaffali fosse impedito l’accesso tramite il classico nastro di plastica rosso e bianco. Il motivo, però, non riesco davvero a comprenderlo. Già che sono lì, perché non posso allungare la mano e recuperare un piatto o una stringa per le scarpe se necessario?Tutti i reparti erano ampiamente forniti. Solo il lievito sparito, farina scarseggiante, così come le bottiglie d’acqua. Per il resto sembrava di essere in uno di quei sabati mattina di spesa settimanale, solo con molte meno persone.Per quei 40 minuti in cui sono stato dentro ho assaporato un piccolo assaggio di normalità, un piccolo cosmo al di fuori della pazzia di questi giorni.L’aver inforcato l’uscita sbagliata, subito ripreso dalle guardie interne, mi ha riportato in pochi secondo con i piedi per terra.

Friends will be Friends

10 stagioni di Friends. Sciroppate in meno di un mese.Non avevo mai visto tutte le puntate di Friends. Almeno non con la giusta consecutio temporum.Ho pensato a lungo prima di scrivere questo post, del resto su questa serie è già stata scritta e detta qualsiasi cosa e di certo il mio personale parere non ha nessun peso specifico. Ma ci ho dovuto riflettere un po’ prima di capire cosa fosse.Delle sensazioni mescolate, un passato che ho avuto la fortuna di vivere insieme a una realtà diversissima dalla nostra. Una finestra su un mondo lontano in cui le relazioni forse avevano un sapore più intenso perché non complicate dalla tecnologia.

Nostalgia

Tanta nostalgia degli anni ’90 cantava J Ax quando ancora era una persona seria. Sì forse il primo sentimento è la nostalgia. Di un tempo in cui ero in pre-adolescenza e guardando quello show potevo vedere cosa mi sarebbe potuto accadere, da lì a poco, nella mia vita almeno a livello di drammi personali. Un tempo in cui non c’erano telefonini, e si riusciva a malapena a mandare un’email in mezz’ora di connessione.Un tempo in cui la sola preoccupazione era uscire a giocare a pallone prima e avere il motorino per far colpo sulle ragazze poi. Un momento di transizione. In cui la parte più difficile di tutte probabilmente era il riuscire ad esprimere i propri sentimenti, in tutti i sensi.Un tempo in cui si riusciva a stare in una stanza con altri amici senza aver nulla da fare per mezz’ora, e andava bene così. La relazione interpersonale aveva l’assoluta centralità.

Distanza

Il micro-cosmo di Friends è stato e sempre sarà distante dal nostro per tante ragioni. La prima, la più ovvia, è quella geografica. La seconda è quella culturale. O meglio, di emancipazione.Difficilmente, se non per ragioni di studio, in Italia un ragazzo o ragazza si sarebbe trasferito in un appartamento a vivere con altri coinquilini appena terminati i propri studi universitari. E sebbene potesse essere un sogno, un’aspirazione, per tanti, in realtà così non sarebbe mai stato. Al massimo in affitto con il proprio/la propria compagna, ma null’altro. È una distanza dettata da un retaggio sud europeo, in cui l’italiano è mediamente campione, lasciare la casa dei genitori il più tardi possibile.È una distanza d’emancipazione lavorativa. In pochi anni tutti e sei i ragazzi fanno mediamente carriera, ricoprono ruoli importanti non ancora 35enni. Fate un po’ il pari con il nostro paese dal 1994 in avanti. Oggi, forse, è ancora peggio che 25 anni fa.In Friends, infine, i problemi esistenziali sembrano sempre all’acqua di rosa, facilmente risolvibili con una battuta di spirito e affrontati con estrema leggerezza. E sebbene questo sia in aperto contrasto con le sfide che la vita vera ci pone davanti, quest’approccio può diventare la chiave di volta.Il più delle volte la risposta dovrebbe essere “è così, e poco posso farci”. E va bene lo stesso.

La migliore di sempre?

Non so dire perché Friends venga reputata la serie più bella di tutti i tempi, forse per la sua semplicità, per quel puzzle creato da sei tasselli talmente diversi da combaciare perfettamente e in grado di raccontare le tante sfaccettature della generazione X.O probabilmente perché è riuscita a raccontare gli stessi problemi che ai tempi accomunavano quindicenni fino ai trentenni e a tutti è riuscita a dare una qualche forma di risposta o di strada da seguire per vivere la vita con un po’ più di leggerezza e autoironia.Ho provato a cercare articoli sulla stampa americana di qualche anno fa, per provare a comprendere meglio cosa sia stato questo fenomeno per loro. Non ne ho trovati moltissimi a dire il vero, ma questo li raccoglie un po’ tutti e può dare un’idea di cosa è stato questo fenomeno all’inizio della sua avventura.Non so con quale spirito rivedrò gli episodi di Friends se mai mi dovesse capitare l’occasione. Immagino però il rifiuto in quanto già visti, ma soprattutto il rifiuto di dover ripiombare ad un’epoca che non tornerà più e alla quale, forse, non dovremo più ispirarci.★★★★

Brand e virus

Sono partito da questo tweet per riflettere un poco sulla comunicazione dei brand, in queste settimane di lockdown.Da qualche giorno in TV vediamo spot pressoché identici. Il registro delle parole utilizzate, il tono e il messaggio sembrano essere uguali tra di loro. Sostituite il logo di quel supermercato a quel marchio di pasta o a quella compagnia telefonica e cosa otterrete?Sono perfettamente intercambiabili e sovrapponibili.Si gioca sul lottare, resistere, tenere duro, ringraziare. Mantenendo sotto traccia quello spruzzo di slancio comunicativo per convincere a scegliere questo o quel brand rispetto ai propri competitor.Come se uno spot emotivo, in questo momento storico, fosse il driver principale per smuovere l’intenzione d’acquisto. Il fine ultimo è fatturare, ricordiamocelo sempre.È già tanto se si riesce ad entrare nei supermercati o prenotarsi una spesa online. Non credo i consumatori stiano facendo troppo i difficili nella scelta dei prodotti da mettere in saccoccia. Quello che c’è c’è, si infila nel carrello e si cerca di tornare il prima possibile a casa.È difficile, a meno di cappellate galattiche, che la percezione del brand sia modificata di molto nei cuori delle persone. È rimasta ferma a fine febbraio e così sarà finché non ci sarà un ritorno alla normalità. E benché siano lodevoli sforzi, le pubblicità strappalacrime non sposteranno di molto il fatturato.Sono curiosissimo se e come i suddetti brand proseguiranno anche nel post-covid19. Se torneranno alla comunicazione precedente, o comprenderanno che da ora in poi il tono di voce, l’essere trasparenti e mossi dall’etica siano i primi registri da cui partire per raccontarsi, e non gli ultimi.O almeno che siano in grado di rendere migliore la vita delle persone in questi momenti di ansia e paura.

😷

Convivere con la mascherina non è semplicissimo. Forse basterà farci l’abitudine, o forse scegliere un modello più comodo. Magari i designer tra qualche mese penseranno anche a questo e la renderanno un oggetto di moda e alla moda.Al momento sto usando una FFP2, ha un ferretto che poggia sul naso. Ieri sono andato in farmacia e ho fatto un po’ di telefonate e dovuto mandare in un po’ di email nell’attesa (c’erano 9 persone in coda alle 18). Ecco le prime difficoltà che ho notato:

  • Impossibile parlare al telefono senza avere quella sensazione di soffocamento costante, o senza sembrare di avere qualche malformazione alla bocca
  • Se avete un iPhone — dall’X in avanti — (se avete Android, non lo so) è fondamentale disattivare Face ID. Il device è impossibile da sbloccare se non con il codice. Tanto vale passare direttamente alla tastiera. Chissà se Apple si ingegnerà altrimenti per, che so, leggere soltanto l’iride ?
  • Il ferretto sopracitato, dopo un’ora e mezza inizia a creare dei solchi che nemmeno il traforo del monte Bianco e ancora una volta ho provato ad immedesimarmi in chi per forza di cose deve tenerla su tutto il giorno una benedetta mascherina

A proposito di mascherine. Ieri citavo l’impressionante scarso coordinamento nelle comunicazioni regionali lombarde. E ovviamente cosa sarebbe potuto accadere quando vige la confusione? Questo.Immaginate quando si inizierà a fare proposte su una possibile data di riapertura e quando essa arriverà. Secondo voi cosa potrà mai succedere?

Written by Andrea Contino since 2009