Pochi secondi per dirmi chi sei

Dopo qualche settimana di totale disinteresse, da un paio di sere sfrutto i 30 minuti di macchina che mi separano da casa per lurkare nelle stanze di Clubhouse.

Il più delle volte capito in stanze in cui si parla di marketing e comunicazione, ascolto a fondo, cerco di carpire concetti a me avulsi e sconosciuti, imparare. Tant'è non ci sono mai dissertazioni sui massimi sistemi, ma esperienze pratiche di tutti i giorni, e mi conforta sapere di intraprendere strade condivise su quanto faccio quotidianamente nel mio lavoro. Le stanze sono animate però sempre dalle stesse persone, parlano sempre loro e ormai ogni stanza è così: i vecchi famosi del web, sono i nuovi famosi di Clubhouse.

Il paradosso di un social in cui si dovrebbe dar voce a tutti, in realtà sta dando voce a pochi e sempre agli stessi.

Ieri sera poi in una stanza c'era un giochino, presentare il proprio brand di fronte al pubblico in ascolto. Il loro giudizio avrebbe preso poi pieghe che non sono oggetto del mio post. Ma questo esercizio mi ha fatto subito pensare alla pratica dell'elevator pitch. Raccontare cosa fa la tua azienda in 5 minuti. Ero lì lì per alzare la mano e farmi avanti, ma mi sono fermato. Ho pensato che il brand per il quale lavoro merita più di 5 minuti di esposizione. Merita un contesto.

Stamattina leggevo il post di Jason Fried, CEO di Basecamp proprio su questo argomento:

Now, play out some realistic scenarios. When have you ever had to explain your whole business in 20 seconds to someone who was truly motivated to understand what you do? Certainly, there are plenty of times when you are forced to bullet-point your vision to someone who really doesn’t care, like a distant relative or a cab driver. But those who are genuinely curious about your business are willing to listen. It shouldn’t take 10 minutes to explain it, but you don’t need to jam your entire narrative into a couple of quick breaths. The rush of time is a false constraint.

For me, context matters. Relying on a one-size-fits-all description of your business means missing an opportunity to engage people rather than just speak at them. Instead of blasting out your script, first show that you’re curious about your audience. Ask them about themselves, what they do, what they struggle with.

Non credo serva aggiungere altro.

Fluxes. Puntata 15.

+ Finalmente dopo oltre due mesi sono riuscito a sistemare grafica e velocità del blog così come l'ho sempre desiderato. Riuscito...Oddio, ho affidato il compito a uno sviluppatore russo tramite upwork.com. Super affidabile e puntuale. Per il risultato, beh giudicate voi.

Come ha fatto? Semplicemente riscrivendo da zero il tema partendo dall'ultimo realizzato da Automattic, il Twenty Twenty-One, e da lì ottimizzandolo con l'eliminazione di tutte le cose superflue.

+ La sera sto alternando la lettura con il test della riproduzione da remoto della mia Xbox Series X tramite iPad Pro. In buona sostanza, una volta aumentate le performance anche della rete domestica interna e collegando un controller al mio iPad e attraverso l'app Xbox posso tranquillamente giocare a qualsiasi gioco direttamente sdraiato nel letto grazie alla funzionalità Remote Play. Qualità fantastica e risultato ancora più entusiasmante. Ora vorrei capire se questo controller che ho appena ordinato su Amazon funzioni davvero in modo da risolvere anche come appoggiare l'iPad ed evitare di utilizzare la Folio cover.

+ Già. La lettura. Mia moglie mi ha regalato un libro che avevo in lista Amazon non so più da quanti anni. Un libro di cui non sapevo nulla, ma per via del titolo non potevo lasciarlo scappare.
Sono circa a metà di "Panino al prosciutto" di Bukowski. Ne sto apprezzando lo stile arido, asciutto, privo di qualsiasi fronzolo e il fatto che sia scritto come da un bambino delle elementari. Non vedo l'ora di tornare a casa per leggere qualche pagina, una sensazione che non provavo da tanto.

Un anno fa, oggi

Iniziavamo a parlare di una strana forma di influenza chiamata COVID-19.

Un anno dopo, per la prima volta dopo tanti mesi, ho ricominciato a sentire le sirene delle ambulanze dietro casa.

E nonostante la diffusione dei vaccini prodotti in tempi record e 365 giorni di sconvolgimenti di ogni aspetto della nostra vita, sembra ancora lontanissimo il giorno in cui potremo riprendere in mano le nostre vite senza paura.

Restiamo ancora in attesa.

Spotify HiFi

Con Spotify HiFi arriva l'audio di alta qualità.

Da un paio di settimane ho iniziato a testare Tidal e Qobuz. Ho sempre voluto tirare fuori il meglio da le mie Sony MDR-1000X e il mini ampli PHA-3, che seppur vecchiotte sanno ancora distinguere una buona compressione da una deteriorata.

Ho cancellato entrambi gli abbonamenti dopo una settimana, ben prima il termine del periodo di prova. Purtroppo hanno un catalogo azzoppato e facendo un trasferimento alla pari con Soundiiz mi sono accorto di perdere moltissimo contenuto rispetto a Spotify.

Spotify, già. Mi sono definitivamente "accomodato" su Spotify dall'anno scorso, e cioè da quando si ha la possibilità di salvare infiniti album e canzoni sulla propria libreria. E da quel giorno ho disperatamente sentito il bisogno di aumentare la qualità di ciò che ascoltavo. Nonostante abbia settato come "Molto alta" la qualità dell'audio, la differenza con Apple Music esiste e il mio orecchio la percepisce.

Durante la diretta dell'evento Spotify Stream On, tra gli altri annunci, secondo me c'è stato quello più sensazionale e forse il più atteso dagli utilizzatori che dal servizio di streaming musicale più diffuso sul pianeta si aspettavano da tempo l'introduzione di un tier di alta qualità: Spotify HiFi.

Spotify HiFiwill deliver music in CD-quality, lossless audio format to your device andSpotify Connect-enabled speakers, which means fans will be able to experience more depth and clarity while enjoying their favorite tracks.

Ubiquity is at the core of everything we do atSpotify, and we’re working with some of the world’s biggest speaker manufacturers to makeSpotify HiFiaccessible to as many fans as possible throughSpotify Connect.

HiFiwill be coupled withSpotify’sseamless user experience, building on our commitment to make sure users can listen to the music they love in the way they want to enjoy it.

Spotify HiFiwill begin rolling out in select markets later this year, and we will have more details to share soon.

Da notare come si parli di mercati selezionati, quindi non è assolutamente detto che arrivi in Italia come mercato di lancio.

Ci sono due aspetti da sottolineare rispetto a questo importantissimo annuncio.

  1. Spotify "ruba" sotto il naso di Apple Billie Eilish, recente protagonista di un documentario proprio su Apple TV+, proprio per annunciare assieme al fratello le potenzialità e la necessità di un audio di alta qualità nell'ascolto di produzioni più o meno complesse.
  2. La seconda. Chi si ricorda la qualità del suono di un CD? Oggi sono in pochi e sono ancora meno quelli che ne possiedono un lettore e ci ascoltano sopra della musica. L'iPod ha rivoluzionato il mondo della musica ma ha contribuito alla bassa risoluzione, forse è giunto il momento di fare marcia indietro.

Perché le webcam fanno schifo?

Any affordable webcam (even at the high end of affordability, $100+), uses inadequate and typically years-old hardware backed by mediocre software that literally makes you look bad. You might not notice this if you’re using video software that makes your own image small, but it will be obvious to other people on the call

Un bel post del blog di Camo, un'app che trasforma il tuo iPhone in una webcam, che spiega il perché e il percome le webcam facciano schifo (con prova sul campo) e perché il vostro telefono riesce a fare molto meglio.

Non conoscevo l'app, l'ho installata e funziona anche su Windows e non solo su Mac. Niente male.

Quale futuro per Stadia?

Difficile a dirsi a questo punto. Dopo l'annuncio a sorpresa di settimana scorsa chi si occupa di videogiochi si sta domandando la stessa cosa.

Google Stadia avrà un futuro?

L'approccio di Google ai suoi prodotti è alquanto bizzarro. A parte lo zoccolo duro (GMail, Drive e Suite in generale), da quando ha chiuso Google Reader è partito il trend "esercizio di stile". Lanciare sul mercato servizi, spesso anche utili, e poi abbandonarli al loro destino fino a chiuderli completamente. Lasciando così i suoi utenti non solo incazzati, ma anche con la briga di doversi trovare delle alternative che facciano le medesime cose.

Per fortuna con Stadia non sarà così. Nel senso che, al di là dello streaming, non ha avuto mai esclusive (e a questo punto mai le avrà) tali per cui non si possano giocare gli stessi giochi altrove. Durante gli scorsi mesi ho avuto modo di testare a fondo Stadia e rispetto alla prima recensione mi sono dovuto ricredere, soprattutto nella sua incarnazione mobile, sempre fluida e senza intoppi. Ha avuto un bello slancio poi con l'uscita Cyberpunk 2077, a detta di tanti la versione migliore dopo quella PC, e davvero non mi capacito come non Google non abbia sfruttato a dovere questo trampolino. Abbandonando se stessa ad avere soltanto titoli di terze parti.

Creating best-in-class games from the ground up takes many years and significant investment, and the cost is going up exponentially. Given our focus on building on the proven technology of Stadia as well as deepening our business partnerships, we’ve decided that we will not be investing further in bringing exclusive content from our internal development team SG&E, beyond any near-term planned games

I costi. Già, i costi. Sviluppare titoli AAA richiede dei team di sviluppo con i controcazzi, ma soprattutto di tanti soldi a disposizione (The Last of Us 2 è costato oltre 100M $). E non che Google non ne abbia, ma una divisione deve essere autosufficiente e deve avere un'entrata fissa e costante e sicuramente un abbonamento e la marginalità su titoli multipiattaforma non è sufficiente per ripagare la realizzazione di nuove produzioni ad hoc.

Microsoft dal canto suo riesce a fare ciò che Google non può. Ha già un track record in questo settore di oltre 20 anni, ha deciso di assimilare innanzi tutto team di sviluppo esterni invece di crearne da zero interamente, e con la propria console ha le entrate necessarie per mantenere viva e vegeta una divisione molto complessa come quella di Xbox. Inoltre la sua tecnologia streaming è già molto matura, xCloud l'ha dimostrato ampiamente, e benché non si possano giocare tutti i giochi in possesso dell'utente nella propria libreria, la mia sensazione è che Microsoft punti a quell'obiettivo.

Stadia avrà vita breve. Senza delle esclusive e con una tecnologia facilmente replicabile da altri player non ci sarà un futuro molto lungo. Amazon sta per approdare nel settore con un modello simile a quello di Google con Amazon Luna, anche se creare un videogioco originale non è proprio una passeggiata, Sony e Microsoft sono già lì e GeForce Now non sta a guardare.

La battaglia per un nuovo streaming è iniziata.

Clubhouse

Ho perso una settimana dietro alla sistemazione della grafica del blog. Ci sono riuscito dopo essermi affidato nell'ordine a un pakistano, un indiano e alla fine un russo che mi ha risolto ogni problema (grazie Upwork!). Nel frattempo è esploso Clubhouse.

Non sto a spiegarvi cos'è, perché se non lo sapete a questo punto, vuol dire che non state guardando un mezzo di informazione, appunto, almeno da una settimana. Ma se proprio ti si piazza davanti un punto di domanda di dimensioni cubitali, allora ti lascio qui qualche opinione interessante da cui recuperare le informazioni salienti (1, 2, 3, 4, 5, 6).

Ora, cosa aggiungere rispetto a quanto già scritto in questa settimana? Ecco, giusto un paio di cose. Perché in questa settimana di silenzio qui sul blog ho ascoltato tanto. Sì, su Clubhouse.

Clubhouse non è così nuovo, ha già un anno di test alle spalle e ha avuto la sua esplosione a partire da gennaio. Qui una chart molto interessante, dove come sempre la barra degli early adopter si impenna fino a che arriva il personaggio famoso di turno.

Fonte:

Vajresh Balaji

E qui in Italia non è stato da meno. Come sempre ci siamo ritrovati, sempre gli stessi early adopter che nel 2007 erano su Twitter per primi o ancora prima su FriendFeed e poi su Instagram e poi tutti gli altri nel mezzo.

Su Clubhouse succedono due cose fondamentali:

  • Si abbattono i gradi di separazione
  • Non c'è uno più importante di un altro utente

Mi spiego meglio. Un paio di giorni fa al risveglio mi sono ritrovato in una stanza con Rosario Fiorello e Mario Calabresi a discutere del più e del meno con persone totalmente sconosciute, mentre facevo colazione ascoltavo Biagio Antonacci raccontare aneddoti musicali con domande aperte da chiunque e non è difficile entrare in stanze con anche personaggi d'oltre oceano come Elon Musk o Mark Zuckerberg.

E poi? Chiusa la stanza, sparisce tutto. È un palinsesto di tantissimi programmi radio creati dal basso e all'interno dei quali c'è un fattore comune, la partecipazione. Hai qualcosa da dire? Ti prenoti e il moderatore ti fa partecipare. Finito? Ti muti e attendi il tuo turno.

Considerazioni

I toni, anche grazie alla moderazione, resteranno secondo me sempre gentili ed educati, la vera difficoltà crescente, man mano che gli iscritti aumenteranno sarà quella di discernere stanze interessanti da contenuti cazzari. Quest'ultimi sulla rampa di lancio da ormai qualche giorno.

Perché ora? Clubhouse esplode ora perché la stragrande maggioranza della popolazione è a casa. Punto. Il tempo è la maggiore discriminante in assoluto per poter essere qualcuno di riconoscibile su Clubhouse. E mi sono sempre domandato come mai durante gli orari di ufficio, mentre cercavo di smaltire le notifiche da cui ero inondato, ci fosse così tanta gente e che in fin dei conti fosse sempre la stessa da ore e ore.

A casa chi ti controlla? Come qualcuno si è giustamente domandato, come è possibile passare così tante ore se al contempo si ha un lavoro a tempo pieno? Giusta osservazione, ma se si aggiunge l'elemento home working, bingo.

Intimità e voce. Ok c'è Discord, ok ci sono i vocali di Twitter. Ma Clubhouse è il primo Social Network che ha deciso di basare la sua fortuna completamente sulla voce, pur accostandola a un'immagine, ma soprattutto a un nome e cognome del profilo. E cosa vuol dire questo? La partecipazione difficilmente può essere anonima, ma soprattutto con una platea di altre persone ad ascoltare, dire una cazzata e sputtanarsi equivale praticamente a sputtanarsi per sempre. Perché? Per il contenuto e i toni. La voce è estremamente più intima e caratterizzante rispetto a un post scritto e chi la sa usare bene ha già un vantaggio estremo. Di fatti la maggior parte di chi avvia una stanza vedo essere uno speaker radiofonico.

E quindi? L'età media tende ad essere alta. Non perché chi è giovane non possa essere ricco in contenuti, ma piuttosto se sei uno che rifugge TikTok proprio per i contenuti capirai cosa intendo. Non puoi editare o cancellare quello che hai detto, verrai ricordato per questo e forse potrebbe pregiudicare la volontà di partecipare a una discussione da parte dei più timidi o timorosi.

Personalmente sono uno di essi. Non amo particolarmente ascoltare la mia voce, ma proverò a imbastire qualcosa riguardo al mondo dei videogiochi. Magari facendo risorgere il brand Fuorigio.co, perché no...

Al momento non so dove, chi anima le stanze italiane, riesca a trovare tutto questo tempo libero e due conclusioni le ho tratte. Ha un potenziale enorme, immaginatevi un TED partecipativo, e sarà interessante capire come e se mai Clubhouse riuscirà a monetizzare attraverso la voce. Per il momento mi auguro non diventi l'ennesimo social invaso da contenuti spazzatura, ma credo che forse proprio grazie alla voce, riesca ad essere una bolla in cui emergeranno quelli che avranno davvero qualcosa da dire.

Mi trovate con l'account @contz e ho ancora qualche invito disponibile se necessario.

Le piccole vittorie quotidiane non condivise

E poi? Poi sono partito per la tangente, ed ho pensato a chissà quante persone si trovano tra le mani altre piccole incomprensibili vittorie che non potranno mai essere condivise. Piccoli successi che finiranno nel dimenticatoio. Piccole storie non rivelabili. Che rimarranno piccole e sconosciute solo perché nessuno le potrà capire ma che sono lì, innumerevoli, splendenti. E se guardi bene, forse potrai distinguerle.

Dietro un lampo nello sguardo della cassiera del supermercato; nell’esclamazione inaspettata del netturbino; in un sorriso davanti a una vetrina. Una moltitudine di lacrime nella pioggia, di storie non raccontate, che travolge e ti fa sentire insignificante ma legato a un’umanità che va avanti, giorno dopo giorno.

Windows XP, le sfide impossibili e le lacrime nella pioggia – Bluebabbler (wordpress.com)

WordPress, eccomi.

Ho cantato vittoria troppo presto. Convinto com'ero di aver trovato finalmente pace su Medium e sulla sua indiscutibile facilità di pubblicazione.

Eppure.

Eppure i problemi sono iniziati quando alcuni di voi mi hanno segnalato l'impossibilità di leggere alcuni articoli perché fermati dal messaggio di paywall di Medium stesso. Nonostante avessi settato il tutto come assolutamente gratuito.

Mi sono ritrovato quindi a fare un triplo salto carpiato, decidere se tornare a Squarespace, oppure dare un'ultima opportunità a WordPress.

Ho provato su sollecitazione di Nicola quest'ultima piattaforma da cui mi sono tenuto lontano per 14 anni! In un paio di sere ho importato tutti i post "salvati" dalla precedente migrazione, sistemato il layout e CSS, ma soprattutto controllato uno a uno i 270 e passa post sistemando URLs, gallerie immagini, categorie e tags.

Una faticaccia. Ma ora ci siamo. Non cambierò mai più piattaforma in vita mia.

Quindi once and for all:

  • https://gwtf.it è attivo e mappa correttamente tutte le pagine
  • Il feed RSS è necessariamente cambiato
  • Siete liberi di insultarmi nei commenti :)

Red Zone

Il podcast di Francesca Baraghini

Seguo sin dagli albori il lavoro di Francesca, che ho avuto il piacere di incontrare anche in un tour alla redazione della Gazzetta dello Sport di tanti anni fa, e mi fa molto piacere “ritrovarla” nel suo nuovo podcast — Red Zone — dove mette in campo le sue competenze giornalistiche per unire i tasselli del puzzle di questo pazzo mondo.Un nuovo supporto su comprendere meglio le complessità del presente.

Written by Andrea Contino since 2009