Dispacci islandesi giorno: 2

Andati a dormire verso le due abbiamo deciso di prendercela con calma. Dopo colazione gambe in spalla e siamo andati alla scoperta della città.

Come? Vagando senza meta.

Siamo arrivati alla chiesa di culto luterano Hallgrimskirkja. L’architettura imponente è visibile da molto lontano, avvicinandosi sembra di arrivare ad un tempio di Game of Thrones. E quella statua di bronzo all’ingresso, beh sicuramente aiuta ad entrare nel mood vichinghi.

A proposito, la statua di bronzo donata dagli Stati Uniti all’Islanda, raffigura Leifur Eiríksson, il vichingo che si presuma abbia scoperto l’America prima di Cristoforo Colombo, anche se non si capisce bene se sia Islandese o Norvegese.

Dentro è spoglissima, mai vista una chiesa così, ma voltate le spalle all’altare c’è un organo incredibile.

Abbiamo bighellonato per negozi in preda a una tempesta di neve incredibile. Dalla finestra del ristorante dove ci siamo seduti c’era questo edificio che abbiamo immortalato subito, scopriamo poi essere l’ambasciata danese.

I luoghi comuni? Ok la città è pulita, ma c’è ancora da stupirsi per l’assenza di murales e pasticci sui muri. Candida in tutti i sensi. Gli unici casi sono fatti apposta, decoro urbano. Come questo panificio.

E poi? Abbiamo vagato e vagato ancora. Speravamo di spostare la nostra auto dal parcheggio a pagamento, ma abbiamo scoperto essere tutti a pagamento, in qualsiasi zona della città. Per fortuna oggi la usiamo. E finito per fare la cosa più analogica di tutte, spedire una cartolina. Noemi dice di volerle riportare a nuova vita, le ho suggerito di fondare una startup.

Ci siamo imbattuti nel fantastico Icelandic Penis Museum. Il sito internet è ancora meglio: phallus.is

Verso sera abbiamo terminato il giro con la Cattedrale di Cristo Re, questa volta cattolica, ma aveva già chiuso i battenti.

Le foto iniziano ad essere troppe. Gli scatti migliori con la reflex li caricherò comunque al ritorno, post editing qui.

L’Islanda sa essere molto cara, si può mangiare con pochi euro, ma anche quando all’apparenza il posto sembra un normalissimo pub di provincia, ecco, bisogna prestare molta attenzione ai prezzi. Il Gastropub http://saetasvinid.is/ non è per cuori deboli. Una birra, un entrecôte con verdure divisa in due, una porzione di patatine fritte, due dolci: 86€…

No le posate non erano d’oro. Forse quelle del proprietario si.

Dispacci islandesi giorno: 1

La giornata è iniziata con il buio. L’Apple Watch fisso sulle 10:58 come orario in cui ci sarebbe stato il primo raggio di sole.Prima di iniziare la nostra avventura nel Golden Circle abbiamo esplorato un paio di vie attorno all’hotel. Abbiamo visto sorgere il sole sulle facciate dell’Harpa Music Hall) di Reykjavík. Un edificio pieno di giochi di colore grazie ai riflessi di luce sulle facciate di vetro. Di fronte il monte Esja, sembrerebbe che questo monte protegga la capitale da tempeste di neve e mantenga sempre buone temperature durante tutto l’anno.

Il viaggio via pullman inizia con una lunghissima dissertazione della nostra guida sugli elfi, i giganti e dei fantomatici “hidden people”. Creature retaggio di una cultura antichissima fatta di storie tramandate dai primi settlers. Sebbene l’80% della popolazione non creda in creature soprannaturali, ne ha profondo rispetto e le considera parte delle proprie radici.

Primo stop Þingvellir (Thingvellir) National Park. Qui si trova il lago naturale più esteso d’Islanda. Nonché l’unico punto emerso in cui la placca tettonica nordamericana si incontra con quella euroasiatica.[embed]https://youtu.be/ONGlA2B5BkQ\[/embed\]Il secondo a circa 40 min di distanza il sito Geysir, con tre geyser: Geysir, Litli Geysir e Strokkur. I primi due dormienti mentre il terzo bello arzillo. Ogni 5–7 minuti fa il suo bel zampillo. L’area è intrisa di zolfo, ma sprigiona energia da tutti i pori, è proprio il caso di dirlo. Magnifico!Nel tragitto incontriamo alcuni villaggi. Molti di loro hanno fattorie con cavalli e mucche. Pare che in questa zona le razze di entrambi non si siano mai contaminate con altre provenienti dal continente, ma che siano sempre le stesse da generazioni, fin dai primi abitatori dell’isola.Non solo. Gli islandesi coltivano praticamente di tutto. Compresi pomodori, caffè e banane. Grazie alle serre. Sembra che per qualche tempo qui ci sia stata la coltivazione di banane più estesa di tutta Europa. Così per dire.[embed]https://youtu.be/6DklJDzsLYY\[/embed\]L’ultimo stop sono le cascate Gullfoss. Viste al tramonto sono maestose, nonostante i -6 gradi. Sono ormai le 16:38 e il sole inizia a tramontare. Torniamo a Reykjavík dopo un tragitto di 1 ora e 40 min.Ma la giornata non è ancora conclusa, ceniamo velocemente e di nuovo appuntamento alla fermata del bus (a proposito abbiamo avuto Wi-Fi ovunque, bus inclusi!), l’aurora boreale ci aspetta.

Grossa delusione purtroppo. Nonostante fossimo tornati a Þingvellir dove un cielo terso e pieno di stelle lasciava presagire per il meglio, purtroppo l’abbiamo vista solo per pochissimi secondi. Premetto di non essere un fotografo professionista, tutt’altro. Sono davvero un newbie quando si tratta di girare la ghiera su manuale, ma uno scatto l’ho portato a casa. Quanto basta per ritenetemi almeno un poco soddisfatto.È passata la mezzanotte e sto terminando di scrivere il post sul pullman. Cercando di riprendermi dal freddo polare. Ho però visto una stella cadente. A gennaio. Siamo esausti, ma felici. Il freddo ci ha assaliti ma non ha avuto la meglio. Domani altra giornata intensa!

Si parte

Stamattina si parte!Per staccare dopo questo ultimo periodo intenso di lavoro abbiamo deciso di andare ancora più al freddo.A differenza degli anni passati la destinazione è nord!E Islanda sia. Dopo aver prenotato l’abbiamo scoperta un po’ grazie ai video di Gabriele Saluci su YouTube e alle sue pillole a Kilimangiaro.Lo scenario dovrebbe essere più o meno come quello qui sotto, alla caccia dell’aurora boreale.Oltre all’iPhone XS avrò con me la mia Canon 550D e il nuovo iPad Pro e questo costosissimo aggeggino per scaricare e lavorare le foto prima di pubblicarle su Contz.com.Ci si sente all’arrivo.[embed]https://youtu.be/5wp0hUSZrOA\[/embed]

Ventidiciannove

Canzone e album 2018

A meno di improvvise sorprese e uscite inaspettate, con il consueto report musicale che arriverà nel mio post del 31 dicembre, ho determinato la mia canzone e il mio album dell’anno.Quest’anno con mio grande rammarico ho dovuto dedicare meno tempo alla musica in paragone all’anno passato, ma mi sono comunque difeso bene.Ho eliminato il mio abbonamento a Spotify Premium. Ho deciso di avere soltanto Apple Music, molto più vicino ai miei gusti e preferenze di utilizzo. E avendo un Mac anche al lavoro il tutto risulta più comodo e integrato.Tra le varie proposte arrivate nella sezione “Per te” sono comparsi gli Hotel Mira (p.s. il loro sito è basato su Squarespace 🙌🏻). Gli Hotel Mira sono una band canadese, e nasce dalle ceneri dei JPNSGRLS i cui album già mi piacevano molto, per cui l’affinità è stata più che naturale nell’ascoltare l’inedito e omonimo EP di debutto.All’interno è contenuta secondo me una canzone meravigliosa, Stockholm. È la canzone di chiusura dell’album e il testo fa inevitabilmente riferimento alla Sindrome di Stoccolma. Un po’ la sindrome dell’anno, già incontrata durante la visione de La Casa di Carta.Il pezzo chiude così:

And you sayThey’re better off without me

Oh Jesus Christ I’m TremblingI’m helpless again

And they sayThat planet Earth Is lonely

But less so when youHold me

Meraviglioso.[embed]https://youtu.be/ujdzRfMz7Vk\[/embed\]Passiamo all’album. Ambia lotta, in lizza ne avrei avuto almeno 3 tra cui scegliere. A mani basse però ho lasciato lo scettro all’album dei The Vaccines: Combat Sports.Tutte le canzoni sono bellissime, non banali, ma soprattutto nonostante sia un genere piuttosto comune nell’alternative rock, riescono sempre a mantenere i loro accenti super riconoscibili.Buon ascolto.[embed]https://music.apple.com/it/album/combat-sports/1310805430\[/embed]

Installare Nest

Il mio impianto ad ogni riaccensione invernale fa i capricci. Ho una casa su due piani e quello di sopra fatica a riscaldarsi a dovere con qualche calorifero che sembra addormentarsi senza riaccendersi a dovere finché a) non si sfiata l’aria residua di un anno intero di interruzione al funzionamento b) non si trova qualche altro tipo di problema.Quest’anno è toccato al secondo tipo di problema. Classico giro di idraulico e risolto con un’uscita, quest’ultimo mi ha fatto notare la vecchiaia dei miei termostati, difficili da impostare quanto Java senza aver mai visto un linguaggio di programmazione.Già da un po’ avevo adocchiato l’arrivo in Italia di Nest. Convinto della complessità del mio impianto, mai li avevo presi in considerazione per sostituire i vecchi termostati di oltre 8 anni. Questa volta, deciso a dare una svolta alla domotica di casa ho voluto approfondire sul sito di Nest.Un sito dove si dice tutto e il contrario di tutto, dove si cerca più di non far capire nulla a un semplicissimo acquirente, piuttosto che aiutarlo e guidarlo nella scelta tra i due modelli proposti (Nest Learning Thermostat e Nest Thermostat E).Poi, la luce.

Un form da compilare. Lascio email e numero di telefono. Saranno passati 10 minuti e squilla il cellulare con un numero con prefisso Stati Uniti. Un operatore Nest, in perfetto italiano, mi fa qualche domanda sul mio attuale impianto. Chiedo se il Nest può essere installato a casa mia, dove ho due termostati, uno per piano, e nessun controllo sulla caldaia.Sì. È fattibile. È anche il 23 Novembre. Black Friday, 50€ di sconto per ogni modello. Acquisto e mi addormento sognando già una facile installazione in pochi minuti, risparmio e meno inquinamento.Il mattino dopo ricevo un’email con link alla mappa degli installatori più vicini a me. Decido che meglio non metter mano dove non ho competenze. Pertanto ne contatto tre, nessuno sa darmi data per un appuntamento. Scrivo tre email, ma in tre giorni nessuna risposta.Ne contatto un quarto, molto gentile. Un paio di giorni ed è a casa mia. Mi dice subito che gli altri colleghi non rispondono in quanto installare Nest non è quel che sembra. L’installazione si rivelata infatti il classico assioma: quello che ti dice un commerciale solitamente non corrisponde alla realtà delle cose.Installare Nest sul mio impianto non è stato un gioco da ragazzi come i video ufficiali ti vogliono far credere, nemmeno come l’operatore al telefono ha cercato di vendermi. I due termostati Nest devono controllare tre elettro valvole che adesso funzionano alla perfezione dopo mezza giornata di lavoro. Se non ne sai di elettricità, se non sai soprattutto come è fatto il tuo impianto è sempre meglio rivolgersi ad un installatore che conosce Nest e come installarlo.

Sì perché il termostato ha una componente che si chiama HeatLink che sulla scheda prodotto evitano di raccontarti nel dettaglio, ma che in realtà è il cuore del termostato e senza di quello non funzionerebbe. È una scatoletta che si collega all’impianto e permette la gestione della caldaia o, come nel mio caso, delle elettro valvole.Una volta installati i termostati fanno il loro dovere, hanno un’opzione che recepisce la presenza o assenza di persone dentro casa, in modo da regolarsi automaticamente dopo tot di giorni e cercare di iniziare a risparmiare sul riscaldamento. Sono curioso di approfondire la curva di apprendimento e verificare se effettivamente si possa adattare alle mie esigenze. Nel frattempo ho attivato la programmazione settimanale.L’app per smartphone per il controllo remoto è molto basica, ma con il termostato connesso ad internet si può controllare la temperatura da ovunque. Per verificare un effettivo miglioramento nei consumi ho bisogno però di attendere un anno nel mio caso, perché il riscaldamento, essendo condominiale, fa parte delle spese contestuali.Per concludere, benché sul sito sembra tutto facile e veloce come l’installazione di un modem o una classa Bluetooth qualsiasi, il Nest sia che esso sia il Learning Thermostat o il Thermostat E, ha bisogno di esperienza e conoscenza da chi lo installerà altrimenti si rischia di far danni o peggio restare al freddo per molto a lungo.

Lacrime di Ferragni

Questioni di barba: Philips OneBlade è la svolta

Dopo circa un anno e mezzo di utilizzo, posso serenamente affermare di aver trovato il rasoio della vita.Non ho particolari esigenze di taglio, non tengo la barba lunga, e la taglio regolarmente dopo un paio di giorni. Tuttavia avendo la pelle delicata il rasoio è sempre risultato troppo irritante, mentre i classici trimmer non mi facevano ottenere il risultato sperato, costringendomi praticamente a radermi quotidianamente.Poi, forse per la prima volta in vita mia, Facebook ha iniziato a martellarmi con la pubblicità di Philips OneBlade. Un rasoio non rasoio. Dopo qualche settimana, incuriosito, ho iniziato ad approfondire l’argomento.Visto il costo contenuto, ho voluto fare un tentativo. Da quel momento non ho mai smesso di utilizzarlo.È delicato con la pelle, lascia un effetto taglio di mezza giornata (che è l’effetto che preferisco avere) quindi non ve lo consiglio se abbiate bisogno di un taglio perfetto stile lametta.Elenco di seguito qualche pro e contro.

Pro

  • È delicato al passaggio, generalmente preciso e il processo di taglio dura molto molto meno rispetto alla consueta combo schiuma-lametta
  • Si può passare a crudo senza nessun problema
  • Indispensabile per chi viaggia
  • I modelli più avanzati dispongono anche di varie misure per mantenere il taglio su barbe di diverse lunghezze
  • Durata batteria di settimane, così come la lametta intercambiabile dalla durata di 4 mesi

Contro

  • Non ha un sistema di raccolta peli, quindi in generale si spargono ovunque dentro e fuori dal lavandino

In conclusione, mi sento di consigliare fortemente l’acquisto per chi come me non ha sbattimento di farsi la barba e nemmeno lo ha di farsela crescere.★★★☆ [youtube https://www.youtube.com/watch?v=hB9KGOQ1Buw?feature=oembed]

La felicità è il vero ROI

Gary Vaynerchuk è conosciuto per essere il prototipo del workaholic. Se lo seguite da un po’ sapete che trova felicità nel proprio lavoro, a tal punto da farlo coincidere anche con il proprio tempo libero, proprio perché per lui fonte di relax, eccitazione e divertimento.Se non lo avete mai sentito nominare, beh non vi siete persi molto, davvero. GaryVee è uno che ce l’ha fatta, ha cavalcato quest’epoca frenetica, ne ha compresi gli strumenti e il loro utilizzo per guadagnarci attraverso molte società da lui fondate, libri, public speaking e molto altro.Non ho mai amato il suo stile. Così come il suo linguaggio volutamente ed eccessivamente colloquiale e ricco di cursing. I suoi video sono spesso e volentieri l’emanazione di un guru dell’ovvio. Così come i suoi consigli si possono applicare soltanto se ci sono delle condizioni pre-esistenti rispetto all’ambiente in cui essi dovrebbero essere applicati.Tuttavia il concetto espresso in questa puntata del suo vlog ha del senso per me.

“La felicità è il vero ROI”

L’obiettivo che ci prefiggiamo ogni mattina appena svegli, quello che inserireste in un eventuale piano quinquennale, è una cosa materiale o un’esperienza?Fa poca differenza. L’importante è se vi siate chiesti la domanda delle domande, mi renderà felice? O è solo uno sfoggio per far vedere a qualcun altro di aver fatto o acquistato qualcosa?È una deriva pericolosa, oggi più che mai facilmente raggiungibile dagli effetti sociologici e psicologici causati in larga parte dall’egocentrismo e la sovraesposizione del sé all’interno dei Social Media.Ognuno trova la felicità come meglio crede, dove meglio crede. Attenzione a non confonderla con schiavitù chiamandola con un altro nome.[embed]https://youtu.be/VpJebo1oDO4\[/embed]

L’essenza dell’essere qui

Valentina, dimmi la verità, che pensi di me? Come sono visto da fuori?Lo sai cosa penso di te.Dimmelo ancora.Penso che sei anonimo e inespressivo, quando parli sembra che c’hai uno strofinaccio in bocca e non si capisce un ca**o, non ti lavi e ti vesti da sfigato di sinistra quando il mondo va tutto da un’altra parte. Questo penso.Nient’altro?No, a posto così.

Nel 2003 avevo 20 anni. Usciva il film Ricordati di me. Erano anni in cui nelle sale principalmente i teen-drama facevano da padroni. In breve: una lunga serie di luoghi comuni e cliché inseriti in storie dall’effetto catartico per i giovincelli dell’epoca.Mi è rimasta impressa questa battuta. Soprattutto: … il mondo va tutto da un’altra parte. L’ispirazione per il post di oggi, di cui avrei voluto scrivere soltanto come aggiornamento di piattaforma che in realtà si è trasformato in altro, arriva da Alessio:

Ho cominciato a postare in maniera più consistente su Instagram. Lo trovo carino, mi permette di associare ad un’immagine in formato 1:1 (tipo Polaroid) un piccolo post-it con dei pensieri volatili. È però qualcosa che considero di seconda categoria, non perché non siano contenuti di qualità2, ma perché nel momento in cui tappo il pulsante “Pubblica”, quelle foto e quei pensieri vanno a finire sul server di qualcun altro.

Qualcun altro che un giorno chiuderà baracca e burattini, e andrà tutto perso. Qualcun altro che nasconde ciò che penso e ciò che vedo per privilegiare post sponsorizzati di utenti con i follower spesso e volentieri comprati. Un regno dove le metriche, volentieri alterate, hanno la meglio sulla qualità. Un regno dove malvolentieri ti metti il cuore in pace sul fatto che se fai qualcosa di strabiliante non verrai notato da nessuno.

Credo siamo finiti in un tra i vari cross posting. Tuttavia questo paragrafo si sposa perfettamente con la mia idea di postare qui le mie foto e quel quote iniziale del film.Il mondo va tutto da un’altra parte.Come qualche anno fa le condivisioni degli scatti avvenivano soprattutto su Flickr, oggi Instagram sembra quasi imprescindibile. Ma per quale scopo? Aumentare i fan? Mostrare qualcosa ai nostri amici? Accrescere il proprio ego? O solo per il comune giubilo per cui così fan tutti?Affidare i propri ricordi al machine learning, ordinati tramite speciali algoritmi e alla speranza che il pubblico a cui mi sto rivolgendo forse vedrà ciò che io ho da dire mi ha anche un po’ stufato. Non sono alla ricerca di risposte alle domande qui sopra, ho solo il piacere di condividere con chi ha voglia e tempo di ascoltare.Andrò controcorrente, sarò anacronistico e probabilmente anche un po’ antipatico. Ma ad un certo punto chi se ne importa. Il mondo social, e questo weekend abbiamo forse avuto l’esempio più importante di tutti, bada a logiche ben precise. Ci vogliono impegno, talento, tempo e continuità. Come dice Insopportabile, non nasce tutto dal niente. Ma come dice sempre lui:

I social sono ciò che decidiamo di comunicare, il buco della serratura dal quale le persone possono vedere solo la piccola parte che decidiamo di far vedere della nostra sterminata casa.

Ecco. Questa è la mia “sterminata casa”.Perciò cercherò sempre più spesso di pubblicare le foto a cui tengo particolarmente sulla rinnovata sezione foto e sempre meno sugli altri canali.

Written by Andrea Contino since 2009