Back Online

È stata una decisione a lungo rimandata quella di spostare il blog fuori dall’ecosistema Squarespace. Per chi mi ha seguito nel tempo sa bene che ho provato a cambiare piattaforma più e più volte per poi ritrovarmi sempre da dove tutto è cominciato.

Un paio di settimane fa più o meno è successo che il backend di Squarespace mi proponesse di aggiornare il software dalla versione 7.0 alla 7.1. Di solito gli aggiornamenti di un sistema software as a service sono migliorativi e difficilmente impattano il lavoro pregresso. E, se lo facessero, lascerebbero quantomeno l’opportunità di tornare indietro...

Ho premuto update senza leggere che una volta aggiornato non avrei potuto tornare indietro. Ho premuto update nella speranza che mi venissero proposte delle nuove opzioni migliorative per il mio blog, mentre è successo un bel patatrac.

Sostanzialmente tutta (o quasi) la grafica del blog è andata a farsi benedire.

Io non sono un programmatore web. Non lo faccio di professione e tutto quello che avete visto nel corso degli anni a livello di “grafica” l’ho imparato per conto mio cesellando il CSS del sito facendo dei semplici A/B test.

Questa volta però mi sono trovato di fronte a una complessità relativamente eccessiva e ho deciso di abbandonare un’ennesima impresa che non mi avrebbe portato poi troppo lontano.

Ho inizialmente vagliato tutte le opzioni disponibili. Ri-spostarmi all’interno di un altro walled-garden (Wordpress.com , Medium) o provare a guardare opzioni web-hosted ma sostanzialmente libere da qualsiasi possibile censura (blot, micro.blog, bear blog etc.).

Fino a rendermi conto di due cose. L’export generato da Squarespace non stava funzionando per nessuna di queste opzioni, sarei impazzito con la rimappatura di tutti i link, per non parlare delle immagini.

Ho deciso di scrivere a Manuel. Ho deciso di chiedere aiuto proprio come lui scriveva nel suo blog. Ho deciso di chiedere aiuto a Manuel perché adoro lo stile minimale del suo blog (anzi vi consiglio di supportare il suo lavoro), perché abbiamo imparato a conoscerci in questi mesi passati attraverso lo scambio reciproco di email, condividendo la stessa idea di internet, e perché genuinamente so che facendolo per lavoro mi avrebbe potuto quantomeno indirizzare verso una soluzione efficace.

È stato molto più di questo. Manuel ha accudito il mio blog come se fosse il suo. Ha assecondato le mie follie sulle spaziature e simmetrie e praticamente ha riportato online la versione migliorata e potenziata della mia precedente casa.

Ora il blog ha un suo server dedicato e funziona grazie a Kirby. So praticamente poco o nulla di quanto ha fatto Manuel nel corso dei giorni passati, ma mi sono reso conto praticamente fin da subito della malleabilità di Kirby e di quanto un sito possa essere adattato in base alle proprie esigenze. Nello specifico le mie :)

Il font scelto da Manuel dovrebbe essere più leggibile, così come la parte di blockquote e i link in generale. Adoro gli effetti colorati sugli elenchi puntati e come si comporta il mouse all’hover di un link giocando con la palette del logo. A proposito di novità:

  • Il vecchio RSS feed non è cambiato, ma da oggi esiste anche un nuovo e più pratico indirizzo a cui abbonarsi, ovvero: https://gwtf.it/feed
  • I link ai vecchi post sono al 90% tutti attivi e funzionanti. Devo ancora sistemare qualche vecchio post, ma se arrivate da qualche social o link di condivisione dovreste atterrare correttamente nei vecchi post
  • Da ora in poi ho abbandonato la URL composta da anno, mese, giorno, a favore solo del titolo del post

Ho disinstallato l’app di Squarespace dal mio telefono, dall’iPad e sganciato tutto quello che gli apparteneva dal backend. Ora ho installato ia writer ovunque. Dovrò familiarizzare un pochettino con Markdown e finire di sistemare qualche vecchio post. Ma a parte questo…

Bentrovati!

Scrivimi. No, davvero.

Nell’ultimo anno i commenti al blog sono diminuiti drasticamente. Avevo già operato un taglia e cuci qualche mese fa snellendo l’home page. Oggi, ispirato anche dal post di Manuel, ho deciso di chiudere definitivamente i commenti del blog.

Motivo? Molto semplice. In 4 mesi ne ho avuti 5. Ma in 4 mesi ho scambiato molte più email con sconosciuti che, grazie al blog, mi hanno raggiunto.

Perciò, chiudendo i commenti il blog dovrebbe caricarsi ancora più rapidamente in primis. In secondo luogo ora trovate nel menu in alto bello in maiuscolo la parola SCRIVIMI. Il form che c’è all’interno non è nient’altro un’interfaccia con la mia casella di posta personale. Qualsiasi cosa scriviate lì dentro finisce nella mia gmail privata e da lì posso interagire con voi senza problemi.

Ci tengo, mi fa molto piacere e grazie ad essa ho conosciuto tante persone interessanti. Soprattutto blogger stranieri.

Quindi la mia email è sempre aperta e disponibile. Chissà che finalmente ci si possa conoscere meglio!

Internet ha già abbastanza falsità

The internet has enough fakeness. It has enough hot takes, perfect websites, and thoughts on the latest political/news stories. Write about you, write about the person behind the screen who wants to be seen and heard. Write about what makes you tick and what makes you happy. That's the blog I want to read and that's the type of blogs we need if we want to make a better internet. We don't need another news blog, we need something folks can relate to and something you can show your not so tech savvy friends that makes them think, "Wow, the internet can be something more than just Facebook, TikTok, or Twitter. Maybe I should stop scrolling for a second?"

Oggi ho scoperto un nuovo blog. E già per me è una notizia positiva per la giornata. Se poi si tratta di relazioni digitali e come esse possano essere veicolate attraverso un blog personale ancora meglio.

Nell’incentivare le persone ad avere un blog personale, Brandon centra secondo me un punto importante dell’esposizione del sé in Rete:

"What if people don't like this? What if people don't like me?" But what is the alternative? Make a fancy blog, that looks perfect and discusses things I'm not truly passionate about? To create a facade that I am someone that I'm not. How is that any different than social media?

Scrivere online e farlo tutti i giorni, con costanza, scambiandolo quasi per un dovere a volte costa fatica e non sempre è facile, come scrive un’altro blogger, Greg:

To be honest, I am only here because it's a habit, and I like playing around with my website. It's fine to write about your life and other such interests. My favourite blogs to follow do exactly that, but it's absolutely understandable if you don't want to do that. Blogging isn't easy, and no amount of rose-tinting will change that, but that doesn't mean you shouldn't try.

Questo però non dovrebbe fermarvi dal farlo. Da provare a riappropriarvi di uno spazio vostro, senza algoritmi, dove lasciare una traccia, qualsiasi essa sia, di voi stessi. Fatevi conoscere, condividete le vostre passioni, ansie, gioie, paure, fallimenti.

C’è sicuramente qualcun altro che ha vissuto lo stesso, si potrà riconoscere in voi e forse sentirsi meno solo.

Relazioni digitali

Ogni volta che leggo il blog di Manuel o imparo qualcosa di nuovo o ancora meglio conosco altri blogger. E nel farlo provo sempre tantissima invidia perché la maggior parte ha una landing page pulita, minimale, come la vorrei io.
Non che la mia non lo sia, ma vorrei fosse ancora più leggibile e maggiormente interoperabile con tutti i sistemi sul mercato. Ma forse sono troppo vecchio e il mio archivio troppo lungo per mettermi di nuovo a smanettare con export, import e altre diavolerie con codice alle spalle.

È accaduto anche questa volta. Mi sono completamente perso il topic di febbraio di IndieWeb (ma provo a recuperare ora) e ho scoperto lo stile bellissimo di Tangible Life ad esempio.

Tornando a noi. Il topic di febbraio è un argomento a cui sono parecchio legato. Si parla di Digital Relationships. Le relazioni interpersonali online mi hanno sempre affascinato, ne ho fatto materia di studio nella mia tesi di laurea e dal 2006, quando ancora in pochi stavano osservando la cosa, il fenomeno si è evoluto tantissimo.

Qualche anno prima The Cluetrain Manifesto ci aveva visto giusto anche sull’aspetto business. Internet ha aperto alle conversazioni come nessun’altra piattaforma prima d’essa. Ha fatto diventare gli spettatori partecipanti attivi prima, creatori poi e infine li sta mettendo davanti alla decisione se demandare parte di essi a un’intelligenza artificiale.

Ma ciò che una AI non potrà mai forse sostituire in pieno sono le dinamiche di interazione interpersonale online. Dagli incontri casuali online nascono quotidianamente idee, progetti, aziende multi miliardarie e amori.

Posso dirmi solo che fortunato per aver vissuto i primi anni di questa nuova rivoluzione. Esattamente tra il 2002 e il 2006 se devo essere preciso. I miei anni universitari. Si sono svolti soprattutto online invece che in presenza in classe. Vivevo quotidianamente ore e ore sui forum, sulle chart IRC, su MSN Messenger e ancora meglio su Xbox Live. Grazie all’arrivo di questo servizio anche in Italia ricordo di aver passato un sacco di pomeriggi sì a giocare, ma anche incontrare e parlare per la prima volta con sconosciuti all’altro capo del mondo.

Ho grande nostalgia di quel periodo. Un po’ per il tempo a disposizione. Un po’ perché l’avvento dei social ha un po’ disintegrato quel mondo di persone che si collegavano a un sito web soltanto per cercare, divulgare e scambiare opinioni.

Da quest’era dove l’Internet mi sembrava fosse costruita su la condivisione della conoscenza, dall’arrivo dei primi grandi social network siamo entrati di fatto nell’epoca dell’ego.

E probabilmente a ergersi come unico baluardo di quel tempo ormai andato esistono sì ancora tanti forum attivi, ma penso soprattutto ai blog e a quello che ancora oggi possono rappresentare.

Un punto fermo sovversivo. Rifiuto di qualsiasi logica di monetizzazione a favore del sapere condiviso. Sarebbe bello tutta internet fosse così.

Storie

Sempre un piacere leggere Martino:

Le storie servono prima di tutte a salvarci e poi a farci vivere infinite vite, o almeno molte più di quelle che possiamo vivere nel corpo che ci è stato assegnato. Ce le raccontiamo per salvarci, e ne sono capaci perché sono parabole istruttive o evasive. In entrambi i casi ci salvano, e sono solo due dei possibili casi.

Le storie danno un ordine alla vita: hanno un inizio, qualcosa in mezzo e una fine. La cosa più importante delle storie è che si concludono: non conta come ma conta che si concludano. Conta così tanto che d’un libro potrebbe andar persa una parte e la storia che vi è narrata avrebbe comunque senso, per il sol fatto di concludersi, anche senza una conclusione narrativa: la sua conclusione è infatti l’accidente che l’ha lasciata sospesa nella perdita di una parte di sé.

Fare meglio, non di più

Leggo i post di Luca da tanti anni ormai, prima su Pandemia ora sul suo blog “personale”, e nel seguirlo nel suo percorso di vita inizio ad invidiare un po’ il fatto che sia libero di prendersela con calma e non dover essere legato a nessuna logica lavorativa moderna.

Nel suo ultimo post mi ci rispecchio un po’, soprattutto in questo paragrafo.

Ho capito che ogni volta che leggo qualcosa che spinge all’essere più produttivi devo quasi fare l’opposto. Prima cosa, ovviamente, è smettere di leggere questi contenuti. Non voglio essere più produttivo. Basta! L’obiettivo è fare ciò sento di voler fare, nei tempi necessari, qualsiasi essi siano, senza fretta, senza corse, senza pressione. Se alla fine della giornata ho chiuso metà delle cose che avrei voluto chiudere, amen. Va bene così. Va bene lo stesso. La salute mentale e il benessere psicofisico sono più importanti della produttività. Sì, lo so, sono un privilegiato ad anche soltanto ipotizzare un discorso simile: non ho un capo, non ho vincoli imposti da terzi, non ho scadenze, non ho pressioni, se non quelle che impongo io a me stesso.

Siamo così tanto abituati al concetto di produttività che ahimè lo si sta definitivamente scambiando con quello di felicità. Ed è assolutamente grave. Il vero tesoro di questi tempi è ormai avere a disposizione la minima fortuna di poter gestire il proprio tempo e vivere felicemente allo stesso tempo. Concetto che troppo spesso e volentieri va di pari passo con la disposizione monetaria necessaria per poterlo applicare senza fatica.

Mi domando se si potrà mai spezzare questo circolo vizioso. Se l’AI, le macchine in generale ci aiuteranno a vivere meglio come si dice oppure lascerà senza lavoro tante persone peggiorando ulteriormente la situazione. Ho la sensazione ad ogni modo di essere testimone di un’importante spartiacque su come viveremo da qui ai prossimi decenni.

Lo stiamo decidendo ora.

Assicurare un’auto in California da neo patentati e neo immigrati

È un cazzo di casino.
No davvero, lo è.

Come scrivevo nel post precedente abbiamo acquistato un’auto usata di un paio d’anni di vita a fine gennaio, subito dopo aver ottenuto le nostri patenti di guida californiane.

La cosa bella di acquistare un’auto negli Stati Uniti è che entri in un concessionario e in meno di due ore esci fuori con un’auto. Questo perché, nel nostro caso almeno, puoi stipulare un nuovo contratto assicurativo direttamente in loco con una società terza che ti consente così di uscire da lì con tutti i documenti perfettamente in ordine.

Solo che quest’assicurazione ha una scadenza. Ti dovrebbe dare il tempo sufficiente per trovarne un’altra e stipulare un nuovo contratto. Il fatto è che in più di un mese di tempo abbiamo collezionati buchi nell’acqua uno dietro l’altro:

  • In tanti ci hanno consigliato GEICO, che io conoscevo soltanto per gli spot del Super Bowl, in quanto economica e “aperta” a neo-patentati in arrivo da Paesi esteri. Ma dopo aver richiesto un preventivo attraverso l’app mobile, ci hanno risposto per posta. Posta tradizionale, non via email. Una settimana dopo. Richiedendoci dei documenti per email e specificando che avrebbero risposto SOLTANTO a mezzo posta. Ancora oggi stiamo aspettando che ci diano un feedback sulla documentazione inviata
  • Abbiamo provato con degli agenti di agenzie locali. Abbiamo mandato all’incirca 11 email. Solo due persone ci hanno risposto. Il primo proponendoci un’alternativa soltanto, la seconda ci ha risposto dicendo che la compagnia assicurativa che rappresenta non assicura nessuno se non con 18 mesi di storico di patente alle spalle
  • Online esistono tantissimi tool di comparazione prezzi che fondamentalmente non fanno altro che collezionare dati personali per poi rivenderli alle società assicurative senza effettivamente portarti a nulla di concreto e comunque non esistono compagnie in grado di attivarti una assicurazione lo stesso giorno in cui si decide di sottoscriverla a quanto pare

Risultato? È da 4 giorni che la nostra Volkswagen Jetta riposa in garage. Costringendoci a spostarci con Uber o facendoci venire a prendere, come nel mio caso da un collega, per un evento a cui ho partecipato domenica.

Da oggi però finalmente abbiamo un’assicurazione. E ce l’abbiamo con Tesla.

Sì, con Tesla. Perché solo in California Tesla consente di sottoscrivere un’assicurazione auto anche per auto non Tesla e consente di farlo tramite l’app in meno di 5 minuti. L’ho scoperto fortuitamente su Reddit dove stavo cercando disperatamente una soluzione a questa assurdità.

Paghiamo meno della sola opzione che ci hanno proposto e ci lascia tutta la tranquillità di poterci guardare in giro scontrandoci con i tempi biblici dei competitor.

Eh sì. Diamo soldi ad Elon Musk. Ma almeno ci ha risolto un problema in 5 minuti.

Dispacci americani #0

Torno a scrivere dopo qualche giorno. Abbiamo finalmente terminato di sistemare tutta casa e ora i giorni sanno più di routine. Che un po’ spaventa e un po’ rassicura. Spaventa perché ora non abbiamo altro a cui pensare se non al lavoro e a vivere, ma trovare una quotidianità dove non se ne ha mai avuta una è sempre un po’ così…come vivere sospesi. Rassicura perché non ce ne stiamo qui con le mani in mano in attesa che accada qualcosa.

Siamo anche un pelo più sereni perché Noemi ha trovato un’opportunità lavorativa dopo 1 mese di ricerca. Relativamente poco rispetto ai tempi italiani, considerando che a. siamo immigrati e b. non abbiamo storico in questo Paese.

Da qui inizieremo a programmare un po’ i nostri weekend alla scoperta della California. Anche se a metà Marzo starò via per quasi due settimane per lavoro. Quindi diciamo ufficialmente inizieremo tra un mesetto. Non vedo l’ora di tirare fuori la mia Sony Alpha e fare qualche scatto decente.

Ci stiamo impegnando un sacco per migliorare il nostro Inglese. Abbiamo visto un sacco di stand-up comedy su Netflix (Maniscalco, Rock, Chappelle) e ora ci stiamo buttati su Earthsounds su Apple TV+.

Penso di aver elogiato più volte qui la qualità degli show Apple TV+. Anche questo non è da meno. Una serie docu a episodi sui suoni più iconici della terra. La mia preferita è senz’altro la tecnologia applicata per catturare le vibrazioni riprodotte dagli insetti per comunicare tra loro grazie ai rami degli alberi e come si difendono grazie ad essi. Commovente.

Sto pedalando meno di quanto vorrei nel tragitto casa lavoro perché sono tre settimane che sta piovendo ad intermittenza e il sole fa capolino solo qualche volta. In più persone mi hanno detto che è piuttosto normale a febbraio e di aspettarci da Marzo in avanti un lungo periodo di siccità.

Ho avuto modo di provare e testare la mia prima, vera, tastiera meccanica con switch rossi. Quelli super silenziosi e l’adoro. È la Keychron Q6 Max. E in ufficio ho la variante più piccola Q3 Max

Momento difficoltà: l’assicurazione. Ci è scaduta quella acquistata insieme all’auto e nonostante ci fossimo mossi praticamente un paio di giorni dopo, a quasi un mese e mezzo di distanza non siamo ancora riusciti ad attivare quella nuova. Risultato? L’auto è ferma da un paio di giorni e ancora non sappiamo quando riusciremo ad averne una. Speriamo in una risoluzione in tempi brevi. Il fatto è che qui l’assicurazione che ci hanno consigliato tutti, GEICO, comunica soltanto a mezzo posta con dei tempi abbastanza biblici e noi, essendo considerati immigrati e neo patentati, dobbiamo soltanto pazientare e attendere.

Apple Vision Pro: la prova

Da quando ho pubblicato la mia prenotazione della demo presso l’Apple Store di Santa Monica mi hanno raggiunto sia Marco che Lorenzo per raccontare più o meno in esclusiva quelle che sono state le mie impressioni.

L’ho fatto in diretta video con Marco e potete rivedere il VOD qui:

Mentre se preferite la letturaq, ho scritto un sacco di parole per N3RDCORE e trovate qui la mia prova.

Enjoy!

Il mio primo mese da expat

Settimana scorsa ho avuto una discussione su X con un altro utente circa la definizione di ciclo. L’oggetto della discussione era di natura sportiva e pertanto il termine ciclo si legava a doppio filo ad un altro sostantivo: vittoria.

Un ciclo per definizione è auto conclusivo, è limitato nel tempo da determinate pre condizioni che arbitrariamente decidiamo di applicare per poterlo riconoscere.

Non so quindi se utilizzare il temine ciclo per stabilire quando è accaduto durante questi primi 30 giorni da expat sia appropriato o meno. Forse sarà il caso di riappropriarsene tra qualche mese, dopo che un pattern è stato effettivamente creato e avrò maggiori elementi per comprendere se anche in questo caso il sostantivo vittoria può effettivamente sposarsi bene.

Per ora posso solo elencare una serie di ingredienti che compongono una prima ricetta frullata ad alta intensità e dal sapore agrodolce. Parto col dire che tutto sta andando bene, ci troviamo bene e ci sembra ogni giorno di fare qualche passetto in più verso una nuova normalità dopo aver stravolto quella precedente.

E come in tutti i punti fermi che si rispettino c’è da tracciare una riga e fissare i pro e i contro, senza paura.

Pro

  • La burocrazia, nonostante l’apparente lentezza del personale dentro gli uffici pubblici e federali, ci è sembrata fin dal primo giorno spedita e funzionante. In 4 giorni abbiamo avuto il nostro Social Security Number, in 3 le nostre carte di credito, in meno di due settimane abbiamo sostenuto gli esami e ottenuto la nostra patente californiana. Senza rinvii, senza marche da bollo, senza essere trattati con sufficienza o da stranieri. Siamo entrati e usciti in due ore dal concessionario con una macchina…impensabile in Italia
  • Le persone hanno voglia di parlare. Probabilmente di te e della tua vita non gliene fregherà genuinamente nulla, ma hanno voglia sempre di scambiare 4 chiacchiere, in qualsiasi situazione ci si trovi. E questo mi ha fatto pensare tanto a Milano e quanto lì non ci parli quasi mai tra sconosciuti
  • In strada ho notato molta più serenità nel guidare, molto più rispetto dei pedoni e in generale meno furia nell’affrontare il traffico. Forse è perché siamo a Los Angeles, ma mi ha stupito positivamente
  • Il clima. E l’aria. Per me è una gioia sapere che il termometro difficilmente scenderà sotto i 13 gradi di giorni e che a volte abbiamo toccato punte di 27. Non so quanto anomale per il mese di gennaio qui, ma me lo sto godendo tutto questo inverno californiano. L’aria sempre pulita poi per me è un vero toccasana, senza contare di avere il mare vicinissimo
  • La luce al mattino qui è commovente. Quanto vorrei avere qui con me la mia fotocamera…

Da migliorare

  • Il bidet. Cazzo il bidet quanto mi manca. Non tanto per l’igiene in sé, che comunque un modo con la doccia lo si trova lo stesso una volta fatta tutta, ma proprio per la praticità. Questa cosa non la comprenderò mai
  • Il cibo. Ecco non è un vero e proprio contro. Insomma non possiamo dire di mangiare male, è che andiamo alla ricerca dei “nostri” alimenti e che a volte facciamo fatica a trovare o magari ci sono, ma sono troppo costosi (vedi alla voce prosciutto crudo). È forse un esercizio di elasticità mentale che dovremo fare nostro nel breve
  • Le nostre cose. Sono arrivate al porto di Los Angeles il 27 e stiamo ancora aspettando che ci vengano consegnate. Dopo 30 giorni con gli stessi vestiti e senza alcuni essenziali oggetti iniziamo a sentire un po’ di mancanza
  • Alcuni tasselli devono andare nel posto giusto. Noemi sta facendo tanti colloqui, cosa che in Italia in 3 settimane non ti chiama nessuno manco per sbaglio, ma ancora non si stanno concretizzando opportunità. È passato davvero poco, lo sappiamo, ma lasciare le cose in sospeso non ci piace molto.
    Sebbene il mio di lavoro, invece, vada bene, mi sento ancora un po’ spaesato e ancora sento di non aver dato il 100%. Un po’ perché comunque la lingua costituisce una barriera all’ingresso, minima, ma c’è. Un po’ perché devo imparare a confrontarmi con un mercato nuovo e diverso
  • Le amicizie. Per ora poca socialità, diciamo 1 a settimana con qualcuno che per fortuna conosciamo già. Arriveranno anche quelle

Non penso farò ogni mese un post. Cercherò di scrivere di novità significative man mano che arriveranno. Altrimenti, come già detto più volte, ci si legge su Threads.

Written by Andrea Contino since 2009